Prima casa: cambio residenza entro i 18 mesi dal rogito, cosa significa? Risponde l’avvocato Ester Mauro Scucces

Ester Mauro Scucces avvocato

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Prima casa cambio residenza entro i 18 mesi dal rogito, cosa significa? Risponde l’avvocato Ester Mauro Scucces Per le vostre domande ai nostri legali potete scrivere all’indirizzo email redazioneilmattinodisicilia@gmail.com

Sovente accade di leggere tra le clausole inserite nell’atto di compravendita di un’abitazione la seguente dicitura: “parte acquirente si impegna a spostare la propria residenza nel Comune in cui si trova l’immobile, entro 18 mesi dall’acquisto”.

Se infatti, chi compra, al momento della firma dell’atto definitivo, non risulta né lavoratore né residente presso il Comune nel quale l’immobile acquistato si trova, dovrà tassativamente provvedere a stabilirvi la propria residenza entro e non oltre 18 mesi dalla stipula, se vorrà beneficiare delle agevolazioni sull’acquisto della prima casa. Ne consegue che il mancato rispetto di tale termine, se non giustificato da cause di forza maggiore e indipendenti dalla volontà dell’acquirente, comporti la decadenza da queste agevolazioni e dunque il versamento da parte di quest’ultimo della differenza delle imposte dovute allo Stato maggiorate del 30% a titolo di sanzione amministrativa. Decade inoltre, da tali agevolazioni, l’acquirente che rivende l’immobile entro i 5 anni successivi al rogito, a meno che, nel frattempo – e comunque non oltre un anno da questa vendita – non provveda a comprarne un altro da adibire a prima casa.

MA A QUALI AGEVOLAZIONI SI FA DAVVERO RIFERIMENTO?

È doveroso preliminarmente chiarire l’importante differenza che sussiste tra agevolazioni di natura fiscale applicabili all’acquisto della prima casa e agevolazioni sulle imposizioni municipali previste per il possesso dell’abitazione principale.

  • Le prime, infatti, determinano una riduzione delle imposte da versare all’Agenzia delle Entrate all’atto di acquisto di un immobile appartenente a tutte le categorie catastali, ad eccezione di quelle di lusso. Tali agevolazioni sono: l’imposta di registro proporzionale nella misura del 2% (invece che 9%); imposta ipotecaria fissa di 50 euro; imposta catastale fissa di 50 euro. E ancora, se si acquista da un’impresa, con vendita soggetta a Iva, le imposte da versare con i benefici “prima casa” sono: Iva ridotta al 4% (invece che 10%), imposta di registro fissa di 200 euro; imposta ipotecaria fissa di 200 euro; imposta catastale fissa di 200 euro (fonte: sito Agenzia delle Entrate).
  • Le seconde ineriscono ai ben più noti tributi che ogni cittadino è tenuto a corrispondere al Comune presso cui è situato un immobile di sua proprietà. Tali benefici, in caso di abitazione principale, anch’essa appartenente a categorie catastali non di lusso, sono l’esenzione dall’IMU e dalla TASI.

Due tipi di benefici, dunque, riferibili a due tipi di contributi diversi, riscossi da due Enti diversi, che spiegano i loro effetti al ricorrere di determinati requisiti. Le agevolazioni fiscali sulla prima casa sono riservate al compratore che già lavora o risiede nel Comune presso cui l’immobile è situato al momento dell’atto di acquisto o vi provvede a stabilirvi la propria residenza nei 18 mesi successivi. Delle agevolazioni comunali per l’abitazione principale invece beneficia chi, oltre che formalmente, ha anche materialmente eletto un immobile a sua principale dimora.

Vien da sé che “prima casa” e “abitazione principale” non abbiano lo stesso significato.

Comprendere questa differenza può solo giovare all’acquirente, soprattutto in termini di risparmio economico quando decide di comprare casa. Spesso ed erroneamente usati come sinonimi, con “prima casa” lo Stato si riferisce genericamente al primo immobile a uso abitativo di cui si acquista la proprietà. Per questo motivo, per potere usufruire dei bonus fiscali sulla prima casa, l’acquirente è chiamato, alla stipula dell’atto definitivo, a rendere e sottoscrivere solenne dichiarazione di a) non essere già proprietario esclusivo o pro quota di altre abitazioni situate nello stesso Comune ove si trova il nuovo immobile b) non essere proprietario di un’altra abitazione, ovunque sul territorio nazionale, per il quale si è già usufruito delle agevolazioni sulla prima casa (a meno che, entro 1 anno dal rogito non la si sia già ceduta, rivendendola o donandola a qualcuno) c) lavorare o avere la residenza all’interno del Comune ove si trova l’immobile o di impegnarsi a trasferirla entro i 18 mesi successivi.

Con “abitazione principale”, invece, si intende l’immobile, presso cui, oltre che formalmente, il proprietario e/o i suoi familiari hanno anche materialmente stabilito la propria dimora principale (art. 15 TUIR).

Attenzione, quindi, stabilire in un dato Comune la propria residenza (che potrebbe essere anche presso un indirizzo diverso da quello della casa acquistata) non significa dichiarare e utilizzare un immobile come abitazione principale.

IL NOTAIO COME PUBBLICO UFFICIALE INCARICATO A RISCUOTERE LE IMPOSTE STATALI

Infine, per evitare di incappare in fastidiosi fraintendimenti, per regola generale, è bene ricordare che il notaio, nella sua qualità di pubblico ufficiale dello Stato, si fa anello di congiunzione tra la volontà del privato e l’esigenza pubblica di rendere l’atto sottoscritto da quest’ultimo conforme alla legge.

Sempre in virtù del ruolo che ricopre, dunque, al notaio che si accinge a stipulare un atto che produce effetti economici e patrimoniali tra le parti, lo Stato affida la riscossione delle proprie imposte e l’applicazione delle eventuali agevolazioni previste caso per caso.

Quindi ogni riferimento che il notaio fa, all’interno di un atto, ad “agevolazioni sulla prima casa”, è relativo ai soli tributi dovuti allo Stato per l’acquisto dell’immobile e non anche a quelli relativi alle imposte locali (come IMU e TASI).

Ciò significa che il privato che, pur provvedendo immediatamente al trasferimento della propria residenza presso il Comune in cui è situato l’immobile compravenduto, potrà giovare di questi benefici fiscali per la prima casa, ma sarà comunque tenuto a versare l’IMU al Comune di pertinenza per il periodo in cui non ha ivi stabilito la sua principale abitazione.

In ogni caso sia nell’ipotesi che non si sia provveduto immediatamente a spostare la propria residenza, sia che si sia provveduto entro i termini, pur senza fissare nell’immobile acquistato la propria principale dimora, l’IMU e la TASI saranno interamente dovute fino a che non si stabilisce in quella casa l’abitazione primaria dell’acquirente.

E SE DEVO RISTRUTTURARE E NON POSSO STABILIRE SUBITO IN QUELL’IMMOBILE LA MIA PRINCIPALE ABITAZIONE DEVO PAGARE L’IMU?

Se durante i lavori di ristrutturazione l’immobile dovesse già essere utilizzato come abitazione principale, allora l’esenzione IMU opererebbe come in qualsiasi altro caso.

Qualora invece, all’inizio dei lavori, l’immobile non dovesse essere stato ancora eletto anagraficamente e sostanzialmente come abitazione principale dell’acquirente o della sua famiglia, purtroppo, non sarà possibile per questi ultimi beneficiare delle esenzioni sulle imposte municipali.

Anche la Suprema Corte di Cassazione infatti ribadisce come non sia in alcun modo possibile concedere l’esenzione dalle imposte municipali, in circostanze diverse da quelle descritte dalla legge e ciò anche nell’ipotesi in cui dovesse essere materialmente impossibile, per il proprietario, stabilire nell’immobile da ristrutturare la propria abitazione principale.

Una chance in questo caso potrebbe essere quella di richiedere la riduzione dell’imposta per ristrutturazione di immobili inagibili o inabitabili (ad esempio immobili privi di rete idrica). Tale sconto ammonta al 50% del totale dovuto per l’IMU di quell’anno. Requisito inderogabile però è che l’immobile da ristrutturare sia di fatto inutilizzabile e inagibile, non rientrando tra le ipotesi di riduzione al 50% dell’IMU anche la ristrutturazione a scopo puramente manutentivo. La totale esenzione dall’imposta municipale spetta invece per chi acquista un immobile collabente e dunque un rudere che dovrà essere integralmente recuperato se non addirittura demolito e ricostruito ex novo per poter divenire nuovamente produttivo di reddito e per questo costituire base imponibile per il calcolo delle dovute imposte.

Avv Ester Mauro Scucces

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