La Corte d’Assise di Caltanissetta ha condannato all’ergastolo 4 dei 5 imputati nel nuovo processo per la strage di Capaci, in cui nel 1992 vennero uccisi i magistrati Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, e gli agenti della polizia di Stato Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Carcere a vita per i mafiosi Salvo Madonia, Giorgio Pizzo, Cosimo Lo Nigro e Lorenzo Tinnirello, così come era stato chiesto dai pm. Assolto invece Vittorio Tutino.
I giudici hanno emesso la sentenza dopo undici ore di camera di consiglio. Concesso il risarcimento danni ai familiari delle vittime e agli enti e alle associazioni antimafia costituiti parte civile; per gli imputati condannati è stato disposto l’isolamento diurno per diciotto mesi.
La Procura: “Cercheremo ulteriori verità” – In aula, ad ascoltare la decisione della Corte, c’era anche il nuovo procuratore capo di Caltanissetta Amedeo Bertone, che ha commentato così il verdetto: “Una sentenza che riconosce le ragioni dell’accusa anche se per una posizione è arrivata l’assoluzione. Complessivamente siamo soddisfatti per il lavoro svolto e aspettiamo di leggere le motivazioni. Le dichiarazioni di Spatuzza e Tranchina sono quindi state giudicate attendibili e confermo che la Procura nissena non risparmierà energie e forze per cercare ulteriori verità su questi fatti”.
Parti civili soddisfatte – “E’ una sentenza che soddisfa le parti civili – ha detto l’avvocato Francesco Crescimanno, legale della famiglia Falcone -. C’è stata un’assoluzione ma per una posizione minore”. Secondo l’accusa Madonia era uno dei mandanti che decisero l’esecuzione dell’attentato, mentre gli altri imputati avrebbero preso parte alle fasi di reperimento e preparazione dell’esplosivo che fu piazzato sotto i cunicoli dell’autostrada Palermo-Mazara del Vallo all’altezza di Capaci.
La nuova inchiesta – La nuova inchiesta sull’eccidio del 23 maggio ’92 venne aperta dopo il pentimento dell’ex killer della cosca mafiosa di Brancaccio Gaspare Spatuzza, che rivelò nuovi dettagli ai pm di Caltanissetta, in particolare facendo emergere il ruolo della stessa cosca di Brancaccio nella preparazione della strage. Secondo i pubblici ministeri di Caltanissetta furono i vertici della cupola mafiosa di Palermo a volere la morte di Falcone, considerato il nemico numero uno di Cosa Nostra e inoltre la strategia stragista era il segnale di un attacco al cuore dello Stato per costringerlo a scendere a patti dopo la conferma in Cassazione della sentenza del maxiprocesso.
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