Il rilancio economico della Sicilia passa indiscutibilmente dalla sua innovazione tecnologica sia per quanto riguarda le imprese che la Pubblica amministrazione. Ma come spingere e guidare questa innovazione? Di sicuro la politica avrà un compito importantissimo nel sostenere investimenti che in questo campo possono stimolare la competitivà e percorsi virtuosi di sviluppo. Della “Sicilia verso la specializzazione intelligente. Il ruolo dell’innovazione nello scenario 2014-2020” si è parlato nel corso di un seminario che si è tenuto a Palazzo Steri, sede del Rettorato, a Palermo.
Un seminario nel quale esperti e studiosi sono stati invitati a portare idee ed esperienze per comprendere quale potrà essere la strategia dell’innovazione nella prossima programmazione delle risorse europee. Una strategia che passa sicuramente dall’integrazione tra pubblico e privato, sfruttando le rispettive forze. Una di questa, nel settore pubblico, è sicuramente l’università che «consente – ha sottolineato il rettore dell’ateneo palermitano, Roberto Lagalla –di recuperare un sistema di proposta unitaria perché da un lato fa ricerca, dall’altro ha la capacità di pensare all’avvio e allo “svezzamento” delle imprese, come avviene per esempio con il Consorzio Arca che è un incubatore di imprese. Per questo occorre sfruttare i servizi che il mondo universitario offre, creando contemporaneamente una maggiore interazione con le imprese». Un discorso rafforzato dall’assessore regionale alle Attività produttive, Linda Vancheri: «Centri di ricerca e università devono essere messi in rete con la Regione, ma tenendo dentro la rete anche le imprese. Ma per far ciò occorre creare un sistema di monitoraggio dell’impatto degli interventi e occorre, soprattutto, che la pubblica amministrazione abbia maggiore coerenza interna e maggiore efficienza. Le reti sulle quali puntare e che vanno a loro volta collegate tra loro sono tre: conoscenza, innovazione e sviluppo».
Per mettere in atto questo sistema la leva potrà essere la nuova programmazione delle risorse europee 2014-2020, un percorso che a livello europeo non si è ancora chiuso. «Ma ci sono già idee chiare su come fare e sulle quantità che verranno assegnate alle singole regione – ha spiegato Felice Bonanno, direttore del dipartimento regionale Programmazione – Ci sarà sicuramente un impegno dell’Ue sulle politiche di coesione e più o meno interventi e risorse saranno analoghe alla programmazione 2007-2013. D’altronde le politiche straordinarie di aiuto alle zone svantaggiate sono le uniche rimaste: cosa sarebbe successo se con la programmazione 2000-2006 non fossero stati erogati 8,5 miliardi di euro? Non abbiamo alcuna controprova, ma sicuramente è possibile affermare che grazie ad essi il volto della Sicilia è cambiato». Bonanno, ha riflettuto anche sul futuro: «Cosa serve per migliorare l’efficacia degli interventi nel settore della ricerca e dell’innovazione? Di sicuro maggiore coordinamento: la Regione non ha un centro che controlla il settore, per questo è una delle proposte che stiamo facendo al presidente Crocetta».
Il seminario ha visto svolgersi anche due tavole rotonde moderate dal giornalista del Sole 24 Ore, Nino Amadore: la prima su “Agenda digitale: l’Ict a supporto della crescita socioeconomica regionale” e “Ricerca&Innovazione: metodi e strumenti per costruire percorsi di crescita intelligente e sostenibile”. In questi tavoli Paolo Donzelli, coordinatore dell’ufficio Progetti strategici per l’innovazione digitale di Palazzo Chigi e responsabile del tavolo e-gov della cabina di regia per l’Agenda digitale, ha sottolineato le priorità del Decreto Crescita 2.0 che prevede investimenti su banda larga, e-gov e open data, smart cities e smart community, progetti di ricerca e innovazione e start up innovative. Per Donzelli «l’agenda digitale va a coprire va a sistematizzare interventi che prima erano sparsi nella pubblica amministrazione». Ma per accogliere le innovazioni tecnologiche il territorio ha bisogno di «competenze, soprattutto nella pubblica amministrazione, occorrono nuovi strumenti, nuovi approcci e nuovi metodi», ha affermato Gianni Dominici, responsabile del Forum PA, che poi ha aggiunto che «la trasparenza è fondamentale per il futuro: occorre una programmazione in cui i dati siano pubblici e trasparenti». Lucia Pasetti del Cisis ha puntato i riflettori su un aspetto fondamentale, l’occupazione: «Le nostre imprese – ha detto – non hanno gli strumenti necessari per far sì che la digitalizzazione produca un aumento dell’occupazione. Inoltre, in Italia siamo molto lenti rispetto alla velocità della digitalizzazione mondiale, per accelerare compartecipazione e rete sono elementi su cui puntare, inoltre occorrono normative su processi e strumenti dell’innovazione». Infine, interessanti le esperienze raccontate da Ugo Parodi e Jesse Marsh. Il primo, imprenditore nel settore delle tecnologie con l’azienda Mosaicon, ha evidenziato come «in Sicilia il capitale umano è di grande qualità e c’è un ottimo rapporto tra qualità della vita e costo del lavoro. Nella mia azienda lavorano 40 persone con un’età media sotto i 30 anni, perché l’innovazione vera è trovare giovani che vogliono fare innovazione e valorizzarli e poi aggiornarsi continuamente». Analogo ottimismo quello di Jesse Marsh, di Atelier Studio Associato, che ha sottolineato come la Sicilia sia «ricca di innovazione soprattutto in ambito sociale: pensate ai laboratori territoriali, ai movimenti antimafia, ai programmi leader. La sfida è trasformare l’innovazione sociale, in “innovazione digitale sociale”. Purtroppo tutto questo è completamente invisibile alla politica. Occorre un processo di compartecipazione e cocreazione che vede i cittadini coinvolti pienamente nelle decisioni: se il progetto appartiene alla gente e alle imprese e non alla politica, allora l’implementazione è più fluida. Noi lo abbiamo sperimentato in un progetto realizzato a Brancaccio».