Battute di pesca spensierate, discussioni serali sulla Sicilia, il mare, i libri, la vita. Per Girolamo Lo Verso – professore ordinario di psicoterapia f.r. ad Unipa, esperto di ricerca/intervento sulla psicologia mafiosa – l’amicizia con Giovanni Falcone inizia prima del Pool antimafia, prima della vita blindata alla Procura di Palermo. Inizia negli anni Settanta quando il giudice più famoso al mondo era ancora semplicemente Giovanni, un instancabile nuotatore in servizio al Tribunale di Trapani. E l’autore semplicemente uno psicoterapeuta all’Asp di Trapani ed un appassionato esploratore e pescatore subacqueo.
Ricordi privati, custoditi con cura per molti anni dal professor Lo Verso che vengono ora condivisi per diventare patrimonio di conoscenza condivisa ma, soprattutto, stimolo di riflessione sulla storia di Falcone, della Sicilia e dell’antimafia nel delicato momento storico che stiamo vivendo, attraversato dalla pandemia, che lo stesso autore individua come frontiera di possibili mutamenti dell’organizzazione mafiosa, e a trent’anni dalle Stragi del ‘92.
Il libro – pubblicato a fine novembre dalla casa editrice romana PandiLettere e presentato in anteprima nella Capitale alla fiera della piccola e media editoria Più Libri più Liberi – sarà presentato a Palermo il 18 marzo 2022 alle ore 18:00 a Villa Zito di via della Libertà 52, in occasione del “Trentennale della scomparsa di Giovanni Falcone”. L’evento è organizzato dalla Fondazione Sicilia; Inner Wheel Palermo Normanna; Pool Antiviolenza per la Legalità Angela Mattarella Fundarò. Tra i relatori, oltre al Prof. Girolamo Lo Verso, Raffaele Bonsignore (padrone di casa e Presidente della Fondazione Sicilia) e Agata Mattarella Fundarò (organizzatrice dell’evento, Presidente del Pool antiviolenza per la Legalità e del’Inner Wheel Palermo Normanna), Antonio Balsamo (Presidente del Tribunale di Palermo), Gioacchino Natoli (magistrato), Francesco La Licata (giornalista); Maria Falcone (Presidente Fondazione Falcone), Salvatore Cusimano (giornalista).
Scrive nella prefazione al testo Francesco La Licata, storico giornalista e autore di libri di inchiesta sulla mafia – dagli inizi a L’Ora di Palermo al lavoro di inchiesta all’Espresso fino al ruolo di inviato de La Stampa: «Sono tanti gli amici di Giovanni Falcone, veri e presunti, che si sono – nel tempo – voluti cimentare nel racconto del loro rapporto col giudice palermitano ucciso, con la moglie e tre agenti della scorta, nella primavera del 1992. Abbiamo dovuto, quindi, assistere alla stesura di diari, ritorni di memoria, qualche volta falsi ricordi quando non pure invenzioni, spesso banalità e luoghi comuni. Tutto ciò non abbiamo riscontrato nello scritto di Girolamo Lo Verso che, sin dalle prime battute, consegna al lettore una serie di avvertenze e di parametri tali da lasciar intendere subito quanto sincero e reale sia stato il legame di amicizia e di comunanza di interessi intrattenuto con Giovanni. E si intuisce quanto l’autore, prof. ordinario di psicoterapia e autore di molti testi scientifici, abbia dovuto contrastare con la propria ritrosia, col timore di invadere spazi condivisi con chi non c’è più, per approdare a un risultato accattivante, carico di umanità e valore scientifico insieme. Lo Verso offre uno spaccato poco conosciuto di Giovanni Falcone e, in questo senso, realizza opera meritoria perché ci mette in relazione con la faccia nascosta del “mito”, ci fa conoscere il “semplice uomo perbene” che esisteva prima che un accidente della storia trasformasse, non per scelta ma per senso del dovere, quell’uomo normale in un eroe indimenticabile. Su quel Falcone non sapevamo molto: qualche notizia sparsa alludeva a un periodo “trapanese” mai abbastanza scandagliato, sapevamo di una prima moglie, l’amatissima Rita, e della fine dolorosa del loro rapporto finito con una separazione molto sofferta da entrambi. Quel periodo, riconducibile all’inizio degli anni Settanta, è stato vissuto intensamente da Giovanni e Girolamo, accomunati da una vicinanza culturale e da identica aspirazione etica, ma anche da inguaribile passione per il mare. Esperto esploratore e pescatore subacqueo, il professore, instancabile nuotatore il giudice. Era, quello, il periodo in cui il magistrato prestava servizio presso il Tribunale di Trapani e l’altro esercitava la propria attività nelle strutture sanitarie di quella provincia. Anni bellissimi, a leggere i ricordi dell’autore. Il vento di libertà di un Sessantotto non ancora cancellato instradava i due verso vie nuove e li teneva insieme dentro una vita gioiosa e semplice: la pesca dei granchi, le immersioni di Lo Verso a caccia di aragoste e corallo, le feste, il ballo, le cene con le cose buone cucinate dalle donne della “comitiva”, le gite in barca, l’impegno politico sempre dentro i confini della correttezza istituzionale. Leggendo Lo Verso, non si può fare a meno di fermarsi e chiedersi chissà come sarebbe stata la vita di Giovanni Falcone se fosse rimasto a Trapani…»
Ma “Quando Giovanni diventò Falcone” è anche altro: la lettura, da un’inedita angolazione psico-antropologica, della storia dell’Isola lungo l’ultimo mezzo secolo con riferimenti ai protagonisti che l’hanno attraversata e alla città di Palermo passata da simbolo della mafia a emblema dell’antimafia, dagli anni del Maxi processo in poi. È, ancora, uno sguardo sul futuro: sulla camorra e, soprattutto, sulla ‘ndrangheta, grazie al lavoro di analisi realizzato da Lo Verso in Calabria e al contributo in postfazione del giudice Roberto Di Bella, Presidente del Tribunale per i minorenni di Catania e per molti anni a capo del Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria dove ha dato impulso al progetto “Liberi di scegliere”, consentendo a decine di ragazzi di rifarsi una vita lontano dalla regione e dalla famiglia di appartenenza. L’intenso e originale libro di Girolamo Lo Verso – scrive Di Bella – ha il merito di umanizzare ancora di più la figura del giudice, che in determinati ambiti, non solo criminali ma anche politico-affaristici a essi collegati, è percepita ovviamente come nemica, e di porre l’accento sugli aspetti psico-antropologici di determinati fenomeni criminali, che erano ben noti a Giovanni Falcone, precursore anche sotto questo profilo.
«Quando Giovanni diventò Falcone – dichiara Girolamo Lo Verso – è stato scritto dopo molti anni di pudore e riservatezza. Era necessario, però, uscire dalla retorica dell’eroe, per parlare di un uomo, barbaramente trucidato poiché credeva nella legalità, nel diritto e nella democrazia. Un uomo che amava il Mare, il whisky e le due mogli che ha avuto. E che nello stesso tempo fu un rivoluzionario che ha cambiato la storia della lotta contro la mafia. Dopo aver raccontato vita quotidiana, nel testo si parla del suo metodo sotto gli aspetti relazionali ed antropopsichici. Il libro si conclude parlando della ricerca-intervento sulla Psicologia mafiosa, da molti anni effettuata da me e dai miei collaboratori, ed a Giovanni Falcone collegabile. Il 18 marzo presso la Fondazione Sicilia, in occasione del “Trentennale della scomparsa di Giovanni Falcone”, ci sarà un prima grossa Presentazione del libro.»