In due anni i procedimenti iscritti per reati contro la pubblica amministrazione in Sicilia sono quasi raddoppiati. E se dal 2014 al 2016 sono passati da 100 a quasi 200, meno di 50 sono arrivati in dibattimento: sono alcuni dei dati elaborati dal centro studi Pio La Torre e forniti dall’ufficio statistica del tribunale di Palermo presentati oggi a Villa Niscemi, in occasione dell’attuazione del protocollo di intesa tra comune di Palermo e centro La Torre. L’iniziativa, nata per prevenire fenomeni di corruzione all’interno della pubblica amministrazione, si articolerà in alcuni laboratori di approfondimento e in un piano anticorruzione dell’ente locale. Secondo la ricerca, i comuni siciliani sciolti per infiltrazioni mafiose dal 1991 al 2016 sono stati in totale 55, cosi suddivisi: 24 nel Palermitano, 8 nella provincia di Catania, 7 nell’Agrigentino, 4 sia nel Nisseno che a Messina, 6 nel Trapanese, uno nelle province di Siracusa e Ragusa. Stando poi ai dati aggiornati fino a novembre 2016 (in questo caso forniti da Avviso pubblico) tra le regioni che hanno avuto più provvedimenti di scioglimento prima risulta essere la Campania (con il 36,20% dei casi) seconda la Calabria (32,20%), terza la Sicilia (24,90%). Segue, a lunga distanza, la Puglia (appena 3,20%) e poi le altre regioni (con un’incidenza del 3,60%). Nella ricerca sono state esaminate anche le fattispecie di reato connesse al ruolo del pubblico funzionario: emerge così che in Sicilia nel 2011 sono state 122 le sentenze di condanna per delitti di peculato, malversazione, corruzione e concussione, 1658 in Italia.
«Altalenanti le denunce relative ai delitti di peculato, malversazione, corruzione e concussione – ha detto Vito Lo Monaco, presidente del centro – passate da 1266 nel 2010 a 1300 nel 2011, salite a 1527 nel 2012 e poi in leggera flessione, con 1420 casi nel 2013 e 1346 nel 2014. Sarebbe interessante capire se le cifre sono state condizionate dal colore del governo del momento». Le stime sono state analizzate dal gruppo di ricerca costituito dai volontari del servizio civile del centro coordinati da Salvatore Sacco, esperto di economia statistica, e da Franco Garufi, del direttivo del centro studi. “Io ho mille ragioni di critica nei confronti dell’antimafia, ma questo non si traduce nell’incapacità di contrastare la mafia. Lo stesso ragionamento vale per l’anticorruzione – ha detto il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, intervenendo alla conferenza – Troppe volte si considera il lavoro dell’Anac un rito liturgico. C’è un’esasperazione, bisogna capire in quale contesto inserire queste norme e che ricadute hanno nella pratica. Questo per dire che occorre valorizzare l’anticorruzione e l’antimafia senza disperderne però il senso. In questa città c’è la volontà di realizzare un cambio culturale, collegando i valori a una visione. La mafia c’è – ha concluso il sindaco – ma non governa»