ROMA – I Confidi al Sud sono più piccoli, a parità di grandezza erogano meno garanzie, e offrono alle imprese finanziamenti a un tasso quasi doppio rispetto ai Confidi del Centro-Nord. Per questo, secondo la Svimez, serve una riorganizzazione del settore che agisca sul miglioramento strutturale e l’efficienza gestionale per rispondere meglio alle esigenze delle aziende. È quanto emerge dal corposo “Rapporto Svimez su relazioni banca-impresa e ruolo dei Confidi nel Mezzogiorno. Mercato, regole e prospettive di sviluppo” presentato oggi a Roma alla Camera dei Deputati. Condotto su dati Banca d’Italia, UniCredit, Fedart Fidi e Unioncamere, lo studio analizza negli anni 2006-2011 l’andamento economico e le prospettive di sviluppo dei Confidi, consorzi intermediari tra banche e imprese, che garantiscono finanziamenti a tasso agevolato alle aziende. Nello studio anche un’analisi particolareggiata e inedita condotta direttamente su centinaia di statuti e bilanci di campioni di Confidi. “Nonostante i Confidi abbiano intrapreso negli anni importanti processi di razionalizzazione, nel Mezzogiorno la situazione resta ancora critica per effetto delle loro ridotte dimensioni, minore liquidità, maggiore esposizione al rischio – sostiene la Svimez -. I Confidi meridionali non sembrano al momento in grado di supportare efficacemente le piccole e medie imprese, che continuano a lamentare le difficoltà di accesso al credito. Serve quindi con urgenza una riorganizzazione del settore, che con l’aiuto anche di contributi pubblici agisca sul miglioramento strutturale dei Confidi e sulla loro efficienza gestionale”.
Cosa sono: intermediari tra banche e imprese – I Confidi sono società di consorzi privati, in parte ricettori di fondi pubblici, deputati da un lato a erogare finanziamenti ad aziende a tasso particolarmente agevolato e dall’altro a offrire garanzie alle banche che erogano il finanziamento. In un sistema produttivo quale quello italiano, segnato dalla stragrande maggioranza di piccole e medie imprese, i Confidi soddisfano da un lato le esigenze delle aziende di avere quantità, costo e durata del finanziamento a condizioni molto vantaggiose, e dall’altro, oltre a garantire materialmente con le banche, acquisiscono informazioni preziose sull’azienda e i progetti di sviluppo collegati tramite screening e percorsi di conoscenza dell’impresa.
I Confidi al Sud più piccoli e meno efficienti – Nello studio si prende in esame negli anni pre-crisi 2006-2007 un campione di 440 Confidi, di cui 270 al Centro-Nord e 170 al Sud, divisi tra piccoli (garanzie inferiori a 3 milioni di euro), medi (da 3 a 20) e grandi (oltre 20). Dallo studio emerge che al Sud i Confidi sono relativamente più piccoli; su 100 Confidi, al Sud il 37% è piccolo, più del doppio del Centro-Nord (17,8), e solo il 16% può definirsi grande (contro il 42% dell’altra ripartizione). A parità di grandezza, i Confidi del Centro-Nord erogano più garanzie, 27 milioni di euro in media contro 22 milioni. Differenze anche sul fronte del risultato di gestione: se questo è simile tra le due ripartizioni per i Confidi grandi, (159mila euro del Centro-Nord contro 144mila del Sud) a soffrire di più sono i Confidi piccoli e medi. Un Confidi piccolo del Centro-Nord nel periodo in questione dichiara un risultato reddituale di quasi 4mila euro, mentre il suo omologo meridionale lamenta una perdita di quasi 5500 euro. E ancora: un Confidi medio del Centro-Nord ricava oltre 66mila euro contro una perdita del suo omologo meridionale di 11mila euro. I Confidi grandi sono in grado di offrire alle aziende servizi a prezzi più contenuti dei piccoli, più i Confidi sono piccoli maggiore è il costo del servizio che scaricano sulle imprese associate. Soprattutto al Sud: per un’impresa rivolgersi a un Confidi meridionale vuol dire spendere quasi il doppio (5,5% contro il 3%) di quanto spende un’impresa che si rivolga a un Confidi operante nel Centro-Nord.
Le analisi sui Confidi: i bilanci – Interessanti anche i risultati che emergono da un’analisi sui bilanci di 13 grandi Confidi meridionali, di cui 7 siciliani (Confeserfidi, Commerfidi, Confidi Fideo, Credimpresa, Unifidi imprese, Fidimpresa Confidi, Interconfidi med), 3 sardi (Confidi Sardegna, Consorzio Fidi Fin, Sardafidi), 2 abruzzesi (Confidi mutualcredito, Intecredit Confidi Imprese), 1 pugliese (Cofidi Puglia) relativa agli anni 2009-2011, le cui performances sono state confrontate con un Confidi maggiore particolarmente virtuoso a livello nazionale (Eurofidi, ossia il più grande Confidi italiano con sede legale in Piemonte e uno dei più rilevanti soggetti di garanzia fidi a livello mondiale). Dall’analisi emerge che nel periodo in questione i Confidi sono cresciuti circa del 6%, a fronte del + 13% di Eurofidi. A livello di garanzie rilasciate, dal 2009 al 2011 i Confidi del Mezzogiorno sembrano crescere più del benchmark, essendo la media meridionale superiore a quella di Eurofidi (+11,2% contro +10%). L’ammontare delle garanzie rilasciate equivale in media a 4,6 volte il capitale investito, un terzo di Eurofidi (18,6). In crescita anche il numero delle imprese associate, +6,6%, per un valore medio nel 2011 di oltre 6mila unità, meno della metà di Eurofidi (+17%), attestandosi a quasi 48mila unità. In risalita anche il capitale sociale, +35% in media contro il 37% di Eurofidi, che arriva nel 2011 a 9,8 milioni di euro. Si deteriora nel periodo in questione il grado di copertura, in media dimezzandosi (da 108% a 44%). Discorso a parte per il tasso di sofferenza, nel 2011 al Sud dieci volte più pesante rispetto ad Eurofidi (11,8% di media contro 1,6%). Quanto alla solidità patrimoniale, le garanzie erogate per ogni euro disponibile restano al Sud un quarto rispetto ad Eurofidi (6 contro 26). Una misura importante della gravità della crisi viene anche dal rilevamento dei crediti per escussioni, cioè i crediti delle aziende insolventi che le banche hanno recuperato dai Confidi. Qui i Confidi meridionali e il benchmark seguono dinamiche parallele, per Eurofidi ancora più pesanti. Se infatti al Sud la media del 2011 del 5% è aumentata in due anni del 46%, in Eurofidi la media 2011 del 13% è risultato di un aumento del 388% rispetto ai due anni precedenti. Altro segnale della crisi viene dall’analisi del margine d’intermediazione, che ha coperto i costi, nel 2011, solo per quattro Confidi su 13. Le analisi sui Confidi: statuti troppo “opachi” – L’analisi condotta sugli statuti dei 13 Confidi maggiori e su un campione di 18 Confidi minori meridionali ha messo in luce la necessità di un rinnovamento, con l’obiettivo di essere maggiormente in linea con la nuova normativa in materia di chiarezza e trasparenza, e di migliorare l’efficienza gestionale. In particolare, secondo gli autori, meritano approfondimenti l’esigenza di esplicitare in modo più chiaro le regole di funzionamento e la composizione degli organi sociali, con attenzione ai requisiti di onorabilità, indipendenza e professionalità degli amministratori e agli esponenti aziendali. Sempre in un’ottica di maggiore trasparenza andrebbe precisato nei Cda e negli organi di controllo il peso e i poteri degli Enti sostenitori. Da segnalare anche l’esigenza di una maggiore partecipazione dei vari organi sociali allo svolgimento delle numerose attività e le possibilità di offrire servizi anche a terzi. I problemi dei Confidi – “I Confidi meridionali segnalano problemi di equilibrio reddituale non dipendenti dall’erogazione delle garanzie ma piuttosto da una struttura delle voci di costo e di ricavo non in linea con gli obiettivi di equilibrio gestionale”, si legge nello studio. “Il maggior assorbimento di risorse per i Confidi meridionali è ascrivibile a una minor efficienza gestionale o a più avverse condizioni di contesto e non invece a una più intensa attività di erogazione delle garanzie”.
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