Recupero centri storici regione Sicilia. Ci sono otto mesi di tempo per adeguarsi alla nuova legge «che rilancerà in Sicilia il valore economico e sociale dei centri storici»: ha esordito così Anthony Barbagallo – deputato Ars e promotore della normativa regionale per il recupero del patrimonio edilizio storico – in apertura del convegno dedicato al tema nell’ambito della manifestazione “Quadranti d’architettura”, a Pedara fino al 2 agosto. Addetti ai lavori, amministratori locali e cittadini si sono confrontati sulle opportunità offerte dalla disciplina di recente approvazione, delineando scenari di valorizzazione e riuso degli immobili all’interno di un quadro coerente e omogeneo. Il rapporto tra attori economici pubblici e privati dovrà essere rimodulato secondo principi di massima collaborazione: «Le Soprintendenze, storicamente considerate luoghi del “no” – ha affermato Antonino Purpura, assessore regionale ai Beni Culturali – dovranno aprirsi a un confronto costruttivo. L’idea è quella di istituire gruppi di lavoro con gli Ordini professionali, le Università, il Genio Civile».
Tra le novità previste nella legge regionale c’è l’obbligo per i Comuni di dotarsi entro otto mesi di un nuovo strumento urbanistico attuativo, attraverso la redazione di un piano particolareggiato per i centri storici: un incentivo a velocizzare i lavori delle Amministrazioni coinvolte, a rischio di commissariamento in caso di inadempienza. Anche Girolamo Fazio, componente della Commissione Ars Territorio e Ambiente, si è soffermato sulla necessità di innescare un circolo virtuoso finalizzato alla riqualificazione degli immobili: «Non è possibile impedire la demolizione di immobili senza valore – ha sottolineato il deputato regionale, relatore del testo normativo – la vera novità è che il parere della Soprintendenza verrà reso su tutto il contesto, non più sul singolo progetto». I centri storici, tornano dunque all’attenzione dell’interesse legislativo: le occasioni di dibattito diventano fondamentali per far emergere punti di forza e criticità legate a quella che Santi Maria Cascone– presidente dell’Ordine Ingegneri Catania, intervenuto anche in qualità di docente – ha definito una «scelta coraggiosa»: «Non bisogna dimenticare – ha affermato – lo straordinario patrimonio di ricerca e catalogazione sui materiali e le tecniche costruttive dei centri storici, che può diventare valore aggiunto nell’adozione di piani particolareggiati». Linee guida comuni, manifestazione d’intenti che dovranno concretizzarsi in azioni programmatiche: «Questo decreto offre spunti e indicazioni, occorre però una visione ancora più ampia – ha sottolineato Paola Pennisi, presidente della Fondazione Architetti di Catania, presente insieme al vicepresidente dell’Ordine Salvo Fiorito – dobbiamo ripensare al centro storico come fulcro per le attività economiche, in cui trovino spazio sostenibilità e buona qualità dell’architettura».
Gli interventi sono continuati con i contributi di Fulvia Caffo, soprintendente ai Beni Culturali e Ambientali di Catania, che ha posto l’attenzione sulla necessità di chiarire alcuni aspetti contenuti nella norma, in particolare i concetti di “incongruità” e “sostituzione” che segnano il passo alla demolizione degli immobili e alla loro ricostruzione. C’è stato spazio anche per ripercorrere il complesso iter parlamentare che ha portato all’approvazione del Ddl, a testimoniarlo il presidente della commissione Ars Territorio e Ambiente Giampiero Trizzino, il quale, dopo aver sottolineato criticità riscontrate lungo il percorso, ha dichiarato di essere soddisfatto del lavoro che ha visto coinvolte parti politiche trasversali: «Da ambientalista – ha commentato Trizzino – credo sia un testo che non aggredisca il territorio». Una sessione partecipata, che – come ha affermato Alfio Zappalà componente del Comitato tecnico-scientifico di Quadranti – «ha messo in relazione il dibattito architettonico sul riuso urbano, con il quadro normativo di riferimento».