La gestione dei rifiuti in Sicilia è stata fin qui pessima e la regione si trova oggi al collasso e sotto assedio anche degli interessi criminali. E’ una bocciatura senza appello quella che arriva da Alessandro Bratti, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, intervenuto a Palermo, a un convegno. «La Sicilia è in coda alla classifica nella gestione dei rifiuti, fa peggio pure della Calabria – dice Bratti – e, anche se non lo è in modo formale, si trova in una fase pre-emergenziale, se non addirittura emergenziale. E’ un fatto che da diversi anni si trovi in una situazione di straordinarietà che ha favorito i fenomeni criminali, in un contesto in cui la mafia è pronta sempre a fare affari laddove circoli parecchio denaro, come nel caso di rifiuti. Ciò ha sviluppato una serie di problemi e distorsioni che non sarebbe difficile risolvere se ci si adeguasse, a esempio, a quanto fatto da regioni più virtuose, adattandolo alla realtà siciliana». Perché non si fa? «Magari c’è l’interesse a lasciare le cose così come sono» risponde Bratti. Il rapporto che la cosiddetta commissione ecomafie ha dedicato al caso Sicilia punta il dito sul “principale degli ostacoli” che rendono complicato individuare e adottare una soluzione: il radicamento di un «sistema di illegalità diffuso».
Permeabilità e inefficienza sono i mali del sistema di cui sarebbero in buona parte causa, sottolinea il rapporto, «l’affidamento all’imprenditoria privata» e l’inefficacia degli interventi del governo Crocetta che in molti casi «non hanno raggiunto i risultati previsti. Anche l’attuale idea di portare i rifiuti fuori dall’Isola è la prova più lampante della crisi del sistema», come dimostra il fatto che «molti territori sono invasi dal pattume». Ma c’è di più. «Sul mancato aggiornamento del piano regionale dei rifiuti è in corso una indagine da parte della procura di Palermo – si legge ancora nella relazione della commissione parlamentare di inchiesta – a tale mancanza di programmazione corrisponde un approccio costantemente basato sull’emergenza, la contingenza e l’approssimazione. I provvedimenti derogatori escludono dai momenti decisionali o comprimono la capacità di partecipare di enti locali, dell’assemblea regionale siciliana, delle società d’ambito e
degli stessi cittadini». «In diversi casi le nomine in posti cruciali, decisionali e di controllo, come dimostrato da alcune inchieste, sono state effettuate senza tenere in alcun conto le competenze e le
professionalità sulla base di logiche evidentemente estranee al buon andamento della pubblica amministrazione. Prima ancora che l’ambiente – conclude la relazione – a essere inquinato è l’intero sistema di gestione dei rifiuti nella regione, come confermato da importanti indagini giudiziarie per corruzione effettuate dalla procura della Repubblica di Palermo. Il quadro di corruttela venuto alla luce è caratterizzato da estremi di devastante gravità, avendo fatto emergere tutte le patologie di una impropria interazione tra funzionari pubblici e imprese private».
Una situazione dunque disperata che non è affatto migliorata nonostante il cronoprogramma fissato con l’ordinanza del 7 giugno di quest’anno dal ministero dell’Ambiente: il giudizio del ministero, in vista della scadenza dell’ordinanza (il 30 novembre) non sarebbe affatto positivo. Anzi. Ma l’assessore regionale all’Energia Vania Contrafatto rappresenta una situazione diversa: «La situazione fotografata dalla Commissione d’inchiesta sulle Ecomafie a inizio anno non è la stessa che caratterizza la Sicilia in questo momento. Si sono fatti dei grossi passi avanti, continuano certo le criticità sui luoghi di smaltimento dei rifiuti, però c’è un sensibile incremento, rispetto a inizio anno, della raccolta differenziata – dice l’assessore -. Tutte le procedure che stiamo mettendo in campo per implementare gli impianti vanno avanti. In questi anni è mancata la pianificazione, e nella gestione dei rifiuti si è passati da una emergenza all’altra, con la conseguenza che viviamo in una regione in cui la raccolta differenziata dei rifiuti era più uno stato d’animo».
«Sono anche state superate le criticità relative al mancato completamento del piano regionale dei rifiuti – dice ancora Contrafatto – adesso non vi è più l’abbancamento in discarica ma la valorizzazione del rifiuto, e non nel senso di un ritorno alla termovalorizzazione dell’epoca Cuffaro, ma tramite la formazione di biogas, ad esempio». E annuncia: «Il punto di grande novità del piano rifiuti è l’abbandono del concetto di discarica, in Sicilia utilizziamo residui di discariche precedentemente autorizzate e per la data fatidica del 2023, come stabilito dal regolamento europeo, contiamo di essere nelle condizioni di non utilizzarle più».
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