Gestita “allegramente” senza controllo per un decennio, sequestrata nel 2014 dopo l’avvio di un procedimento penale, rimane una bomba ecologica che nessuno pensa di disinnescare e gli effetti sono disastrosi.
La discarica di Mazzarrà Sant’Andrea, dove conferivano rifiuti decine di Comuni siciliani, ma non solo, continua a produrre biogas e percolato, sostanze che vanno estratte e trattate. La Tirreno Ambiente, fino a qualche mese fa, smaltiva 20 metri cubi al giorno di percolato ma la società che ha gestito dal 2005 la discarica e che doveva dopo il sequestro occuparsi degli adempimenti di chiusura, ha annunciato di non avere più risorse finanziarie e di avere avviato la procedura di liquidazione, bloccando le pompe di sollevamento. Il percolato è così finito nel torrente Mazzarrà e a 300 metri dall’alveo, dove è stato consentito, anche in violazione di norme, si costruisse una discarica, ci sono i pozzi di approvvigionamento idrico del comune di Furnari, costantemente a rischio in questi anni e monitorati dal sindaco Mario Foti che ha sempre denunciato la situazione. Per affrontare questa emergenza la regione Sicilia, dopo un tavolo tecnico tenutosi al Dipartimento Acque e rifiuti, ha stanziato 300mila euro per smaltire il percolato di cui sono stracolme le vasche. Con queste risorse si potrà andare avanti fino a giugno ma dopo cosa succederà, cosa si intende fare per tutelare un intero territorio dai rischi di un disastro ambientale e quali le azioni per fare luce su tutte le responsabilità?
Sono alcune delle domande che pongono i senatori ex del M5S Francesco Campanella e Fabrizio Bocchino nell’Interrogazione presentata ai ministri dell’Ambiente e dell’Interno, Gianluca Galletti e Marco Minniti, sulla vicenda Mazzarrà Sant’Andrea. Nell’atto ispettivo i due parlamentari siciliani percorrono la storia di questa discarica che presenta ancora punti non chiariti e responsabilità non svelate, quelle che un informativa del Noe dei Carabinieri, chiama “ rete di compiacenze di soggetti appartenenti ad organi statali, regionali e provinciali…” La vicenda ha visto negli anni, si legge nell’interrogazione “intrecciarsi interessi mafiosi ed interessi personali di chi gestiva la società Tirrenoambiente con la complicità di chi era deputato al controllo coinvolgendo molte istituzioni locali e la Prefettura di Messina”. Nel procedimento penale 1682/14 RG della Procura di Barcellona, inviato per competenza alla Dda di Messina, ricordano i senatori, tra le persone indagate ci sono un prefetto ed un prefetto vicario, alcuni funzionari regionali, ma anche alcuni dirigenti in servizio che ancora oggi siedono ai tavoli tecnici e partecipano ai tavoli tecnici. Nella discarica Tirrenoambiente, che tra i soci privati aveva A2A e Gesenu oltre la Paradivi servizi recentemente coinvolta nell’operazione “Piramidi”, ha accatastato nonostante i controlli di Provincia, Arpa e Azienda Forestale, 30 metri in altezza di rifiuti in più di quanto autorizzato per un totale di circa un milione di metri cubi, senza alcuna segnalazione da parte di funzionari incaricati. Nonostante le riunioni, le diffide, gli impegni presi dai vertici della società dal 2014, nessun progetto di chiusura e messa in sicurezza è stato presentato.
Il pericolo di sversamento di percolato, di esplosione e di crollo del corpo della discarica è stato valutato come rischio reale nel corso delle conferenze di servizio tenutasi al Dipartimento regionale dei rifiuti sulle quali è stata sempre informata la Prefettura. Riunioni si sono svolte nello stesso Palazzo del Governo a Messina. Non sembrerebbero neppure esistere le polizze fideiussorie obbligatorie previste dall’ordinanza del commissario per i rifiuti in Sicilia 2196/2003 in cui vengono stabiliti i criteri e le modalità di presentazione delle garanzie finanziarie per l’esercizio di attività di recupero e smaltimento dei rifiuti previste da un decreto del 1997. Gli stessi organi dello stato, nella fattispecie la prefettura di Messina, rilevano Campanella e Bocchino, che avrebbero dovuto richiedere e custodire le polizze non affrontano il problema.
La società a prevalente capitale pubblico Tirrenoambiente spa, oggi guidata da soggetti nominati dalla commissione straordinaria che gestisce il Comune di Mazzarrà Sant’Andrea, sciolto per mafia nel 2015, ha dichiarato che le somme accantonate per la chiusura e messa in sicurezza della discarica pari a circa 50 milioni di euro sono crediti di difficile esigibilità nei confronti delle pubbliche amministrazioni, senza che questo sia supportato da atti o dai bilanci 2014, 2015, 2016 che d’altra parte non risultano neppure approvati. Campanella e Bocchino chiedono in specifico al Ministro dell’Interno se la Prefettura di Messina e la Commissione straordinaria di gestione del comune di Mazzarrà abbiano verificato lo stato reale degli accantonamenti per la chiusura e messa in sicurezza del sito, se abbiano posto in essere azioni nei confronti degli amministratori della società.
Nell’interrogazione il Ministro dell’Interno è sollecitato ad attivarsi “per verificare eventuali responsabilità da parte del personale prefettizio sulla dichiarazione di dissesto del Comune di Mazzarrà, considerato che il Consiglio comunale è commissariato da personale in carriera prefettizia dal 2012 e che la commissione straordinaria si è insediata nel 2015 e nelle dichiarazioni di dissesto si analizzano i 5 anni precedenti”. I senatori chiedono ai due rappresentanti del governo che si verifichi che la liquidazione della società mista Tirrenoambiente sia fondata su dati certi, vista la mancanza di bilanci e che si attivino ispezioni e provvedimenti per scongiurare ulteriore emergenza ambientale, considerato che è sempre più evidente il rischio di una contaminazione, compreso l’avvelenamento dei pozzi dell’acqua potabile che si trovano a valle e che servono una popolazione di 10mila abitanti che in estate arriva a più di 30mila. Per i senatori la Prefettura di Messina non può più gestire questa situazione avendo già permesso lo svernamento di circa 800mila litri di percolato nel torrente Mazzarrà, ormai arrivato in mare