Si arricchisce di un nuovo capitolo la telenovela della riforma del sistema di gestione dei rifiuti in Sicilia.
Gli Ato, che hanno prodotto un debito mostruoso (più di un miliardo di euro in totale), in un modo o nell’altro stanno per finire la loro esperienza. Adesso tocca alle nuove società, le Srr, che siccome non avranno autonomia gestionale e giuridica, non potranno assumere personale. Il personale che era negli Ato dovrà passare ai Comuni. E qui sta la magagna. Perché i Sindaci hanno scoperto che i dipendenti dei vari Ato, oltre a essere in soprannumero per via di assunzioni clientelari (fino al 2009 era anche frequente la “chiamata diretta”, con assunzioni senza concorso), guadagnano in media il 30% in più dei loro pari grado. E come si pagano questi stipendi se i Comuni non hanno soldi? L’unica soluzione che si prospetta è quella di aumentare la TARI, la nuova tassa su rifiuti che per legge deve coprire l’intero costo del servizio. Ma i Sindaci non se la sentono di aumentare ancora i tributi.
La soluzione sarebbe allora quella di ridurre gli stipendi di chi ha ottenuto stabilizzazioni e aumenti contrattuali fuori mercato. Si tratta in totale, in tutta la Sicilia, di 11.000 dipendenti. Ma come si fa? I sindacati sono sul piede di guerra, ed è probabile che arrivino ricorsi.
Si tratta, secondo stime, di almeno 150 euro netti al mese per i livelli più bassi. La Corte dei Conti già nel 2008 aveva segnalato l’anomalia, ricordando che a fronte di maxi stipendi il servizio è scarso e questo personale lavora meno che nel resto d’Italia.
Chi è nei Comuni ha il contratto di categoria Enti locali che prevede 13 mensilità per una base di 1.300 euro. Chi invece negli ultimi 10 o 15 anni ha lavorato negli Ato ha potuto contare sul contratto Federambiente che assicura 14 mensilità e un assegno base di 1.451 euro. Ogni dipendente costerebbe quindi ai Comuni almeno 4 mila euro in più.
Dal canto suo, Rosario Crocetta, presidente della Regione Siciliana fa sapere: “Sto riscrivendo il nuovo piano rifiuti”. Crocetta è, in questo senso, sollecitato dal governo nazionale, che non ha voluto nominarlo commissario per l’emergenza dopo la chiusura delle discariche a Dicembre. Anzi, da Roma sono chiari: la Regione può avere gli aiuti richiesti, tre miliardi di euro, se tra le altre cose si impegna anche alla «normalizzazione della gestione dei rifiuti in Sicilia». Anche perché sull’Italia pende un’altra procedura d’infrazione da parte dell’Unione europea sulle discariche e la Sicilia è maglia nera sulla raccolta differenziata. «Il settore dei rifiuti è delicatissimo – dichiara Crocetta – così come non è più rinviabile la scelta di avere un nuovo Piano regionale dei rifiuti, che seppellisca per sempre quello che abbiamo ereditato, fondato sulle discariche private, del quale stiamo piangendo le conseguenze. Nonostante le numerose difficoltà, tutte non dipendenti da nostre responsabilità, siamo riusciti a evitare il disastro che i soliti detrattori prefiguravano. La raccolta e lo smaltimento non si sono mai fermati, le città sono rimaste pulite e non c’è mai stata, così come annunciava qualcuno, la necessità di spendere milioni e milioni per portare la nostra spazzatura altrove, magari all’estero con costi spropositati». Crocetta annuncia che «il nuovo Piano lo stiamo già scrivendo e sarà pronto molto presto».
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