Last updated on 7 marzo 2021
La legge di riforma delle ormai ex Province in Sicilia arriva domani in aula all’Ars. Arriva con 900 emendamenti al seguito, presentati trasversalmente da tutti i gruppi. I temi più «caldi» restano l’elezione di secondo grado e il numero dei Consorzi. La prima stesura ne prevedeva nove (oltre alle tre Città metropolitane), quella attuale sei. Rispunta già l’ipotesi del Libero Consorzio di Gela. L’emendamento per la sua introduzione porta la firma di Giuseppe Arancio (Pd). «Significa rispettare la volontà dei cittadini – dice Arancio -, a Gela, Niscemi e Piazza Armerina hanno già fatto i referendum scegliendo Gela come capofila di un nuovo Libero Consorzio». Al contrario della legge Delrio, in Sicilia non ci saranno tagli netti al personale ma fra le pieghe delle norme il percorso per i dipendenti delle nove Province è stato indicato ma non interamente tracciato. Liberi Consorzi e Città metropolitane hanno tre mesi di tempo dall’approvazione della legge per definire i fabbisogni e le piante organiche. Un’impostazione che si discosta da quella della legge nazionale che invece prevede tagli già fissati e mobilità verso altri enti locali. Nel resto d’Italia il 50 per cento del personale dei Liberi Consorzi e il 30 per cento di quello delle Città metropolitana sarà trasferito.
Entro un anno dall’approvazione delle legge, secondo quanto approvato in commissione Affari Istituzionali all’Ars, Consorzi e aree metropolitane potranno decidere se optare per l’elezione diretta del presidente o meno. “Rientra dalla finestra praticamente – dicono i deputati M5S Salvatore Siragusa e Francesco Cappello – quello che era uscito dalla porta. La legge pensata in partenza è stata smontata quasi pezzo per pezzo, riportandoci alla situazione del 1985. I confini dei nuovi organismi sono uguali. E uguali sono le competenze dei liberi consorzi, delle quali è stata fatta una sorta di copia e incolla. Cambia, ma in peggio, solo la situazione del personale, il cui destino resta molto incerto”.
LA CGIL. Dopo due anni di studi, incontri, dibattiti il governo regionale ha partorito un disegno di legge sulla riforma delle province confuso e che non affronta i nodi che il cambiamento implica: le questioni del personale, delle entrate, delle posizioni debitorie, delle reali disponibilità finanziarie dei nuovi enti e soprattutto quella del decentramento di funzioni e competenze”: lo scrive il segretario generale della Cgil Sicilia, Michele Pagliaro, in una lettera inviata all’assessore regionale alle autonomie locali, Ettore Leotta. Per quanto riguarda il personale la Cgil è contraria all’ipotesi del recepimento della legge Delrio in materia di esuberi, “in considerazione anche delle diverse competenze tra le aree vaste siciliane e quelle nazionali. Non si può inoltre parlare di eccedenza di personale – specifica Pagliaro – senza che siano definiti compiti e funzioni del nuovo ente”. Il sindacato peraltro, come già detto all’esponente del governo, rivendica il proprio diritto di “discutere di tutto il provvedimento e non solo del personale, per le implicazioni di carattere generale che ha, che possono determinare se ben indirizzate nuovi percorsi di sviluppo per la nostra regione”.
ORGANI E FUNZIONI. I liberi consorzi avranno un presidente, un’assemblea e una giunta. Il presidente sarebbe eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei Comuni appartenenti al libero Consorzio. Chi ha ricevuto una condanna, anche non passata in giudicato, non può esprimere il suo voto, né può essere eletto. Tutti i sindaci dei centri che fanno parte del consorzio sono candidabili. C’è, poi, la questione del voto ponderato. Per fare in modo che i vari comuni abbiano un peso diverso a seconda del numero di abitanti, ogni elettore non voterà una sola scheda, ma tante quante sono quelle previste per la fascia demografica del comune di appartenenza. Fasce demografiche che però il governo regionale non ha ancora presentato. E’ previsto l’eventuale turno di ballottaggio tra i due sindaci più votati, nel caso in cui nessuno al primo turno abbia ottenuto la necessaria maggioranza assoluta.
L’assemblea dei liberi consorzi – organo di indirizzo politico e di controllo – sarà composta dai sindaci dei Comuni compresi nel territorio del libero consorzio. La giunta è invece l’organo esecutivo, può essere composta da un minimo di 4 a un massimo di 8 componenti in base alla grandezza del Consorzio, e viene eletta dall’assemblea che sceglierà da una rosa di nomi proposti dal presidente. Quest’ultimo potrà candidare solo sindaci e consiglieri in carica dei comuni del Consorzio.
Le città metropolitane avranno un sindaco, una Conferenza e una giunta. Il primo verrà eletto con le stesse modalità descritte per il presidente del libero consorzio. La Conferenza metropolitana – organo di indirizzo politico e di controllo – è composta dai sindaci dei Comuni compresi nella città metropolitana. La giunta – l’organo esecutivo – viene eletta dalla Conferenza che sceglierà da una rosa di nomi presentata dal sindaco metropolitano. Le giunte delle città metropolitane di Catania e Palermo, con una popolazione superiore al milione di abitanti, saranno composte da 8 membri. Quella della città metropolitana di Messina ne avrà 6, perché ha una popolazione compresa tra i 500mila e il milione di residenti.
Tutte le cariche, sia dei liberi consorzi che delle città metropolitane, saranno a titolo gratuito, durano cinque anni e sono incompatibili con la carica di deputato regionale. Possibile, secondo il ddl, invece la coabitazione con la carica di parlamentare nazionale. Verranno rimborsate solo le spese per le trasferte, effettivamente sostenute e documentate riguardanti vitto, alloggio e l’uso dei mezzi di trasporto.
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