La legge di riforma delle ex province in Sicilia è stata nuovamente impugnata dal Consiglio dei Ministri. E insomma, un giorno si studierà l’iter di questa legge di riforma, cominciato nel 2012, come un caso di scuola: la riforma più annunciata, pubblicizzata, e meno attuata. La Sicilia ha cominciato per prima ad abolire le province, creando disagi enormi nel territorio, e sta finendo per ultima, dato che il passaggio ai nuovi enti, i Liberi Consorzi, non è ancora terminato, mentre nel resto d’Italia la legge Delrio è in vigore da un pezzo. Ieri è arrivata notizia che da Roma è giunta l’ennesima bocciatura della riforma delle Province. Spiega Il Giornale di Sicilia:
Il governo nazionale ha comunicato che non rinuncerà all’impugnativa. Lo Stato ha già impugnato l’estate scorsa la legge siciliana (approvata a luglio) che ha soppresso le Province per dar vita a Liberi Consorzi di Comuni e città metropolitane. Ma quella impugnativa, nei piani di Crocetta, era destinata a cadere nel vuoto, sterilizzata da una nuova legge varata un mese fa. In quel nuovo provvedimento venivano accolte tutte le obiezioni sollevate in estate sulla riforma siciliana, che tante diversità aveva in cantiere rispetto alle regole nazionali. La nuova riforma ha cancellato queste diversità (retribuzione delle cariche di vertice dei Liberi Consorzi in primis), tranne una: in Sicilia non è automatico che il sindaco della città capoluogo diventi il presidente della città metropolitana. Serve una elezione. A livello nazionale invece il presidente della città metropolitana non viene eletto: è automaticamente il sindaco della città capoluogo. Per questa «eccezione» Roma ha comunicato ieri che non ritirerà il ricorso alla Consulta contro la riforma siciliana: lo ha confermato per iscritto a Crocetta il sottosegretario per gli Affari regionali Gianclaudio Bressa. Nella lettera il governo nazionale precisa che il permanere di questa diversità di regole «non permette la rinuncia alla impugnativa dinanzi alla Corte Costituzionale presentata dal governo sulla legge della Regione Sicilia».
La vicenda ha risvolti politici. Perché Crocetta prevedeva l’elezione del presidente delle città metropolitane per fare uno sgambetto a Orlando e Bianco, rispettivamente sindaci di Palermo e Catania, che invece, con le correzioni del governo, sarebbero automaticamente presidenti anche delle aree metropolitane, aumentando in maniera considerevole i loro poteri. Martedì prossimo Giovanni Ardizzone, presidente dell’Ars convocherà i capigruppo per prendere atto delle nuove osservazioni del governo. «Non mi meraviglia – ha commentato – l’ulteriore e scontata impugnativa del Governo nazionale sulla disciplina delle Città metropolitane. Come avevo già evidenziato in aula, durante l’esame del disegno di legge, non si è percepita l’importanza della norma, anzi si è insistito, per ben due volte, a non allinearci ai Paesi europei e al resto d’Italia». «Martedì – ha, quindi, aggiunto – convocherò la Conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari per decidere quando l’aula possa occuparsi della modi툁ca della norma che, indipendentemente dal volere del Governo regionale, questa volta dovrà essere coerente con il quadro normativo nazionale ed europeo». «È ormai chiaro ed evidente, comunque – ha concluso, con chiaro riferimento alla mancata attuazione del comma 3 dell’art.9 dello Statuto in materia di “rapporti tra l’Assemblea regionale, il governo regionale e il presidente della Regione” – che d’ora in avanti che i rapporti con il Governo nazionale non potranno più essere lasciati alla discrezionalità del governo regionale».
“Non ci sorprende purtroppo che il Governo nazionale minacci di impugnare la riforma delle Province. La Regione siciliana come al solito ha preferito legiferare sulla base di giochi di potere e dispetti piuttosto che cercare soluzioni reali e concrete, necessarie a salvare servizi e lavoratori, come invece è già avvenuto in tutte le altre regioni d’Italia”. Lo dice il segretario generale della Uil Sicilia, Claudio Barone. “Adesso sarà tutto più complicato – aggiunge -. Per questo chiediamo alla politica un atto di responsabilità. È necessario approvare subito una legge che possa far ripartire un confronto con il Governo Renzi e che permetta di trovare risorse per salvaguardare i lavoratori”.
“Le beghe tra Palermo e Roma non ci interessano: adesso il governo regionale e l’Ars corrano subito ai ripari per evitare altre perdite di tempo che mettono a rischio l’avvenire dei lavoratori”. Con queste parole il segretario generale della Cisl Fp Gigi Caracausi e il vicario Paolo Montera commentano la nota del sottosegretario Bressa con la quale viene annunciata una nuova impugnativa della legge regionale di riforma delle ex Province siciliane. ”Si mettano da parte adesso – continuano i leader siciliani della Cisl Fp – le solite discussioni sull’autonomia e i giuristi lascino stare le dissertazioni sulla costituzionalità: in gioco c’è il futuro di seimila famiglie. Si intervenga subito per mettere al sicuro il loro destino”.
CROCETTA. «Il governo della Regione siciliana non ha assolutamente intenzione di presentare modifiche alla norma sulla elezione dei sindaci metropolitani». Il governatore Rosario Crocetta non molla, è deciso ad andare al braccio di ferro con il Consiglio dei ministri e annuncia battaglia. «Resisteremo nel giudizio di fronte alla Corte costituzionale se Roma decidesse di impugnare la legge, ma per ora non abbiamo ricevuto alcuna nota da Palazzo Chigi».
Crocetta smentisce di aver ricevuto alcuna comunicazione ufficiale e prende le distanze anche dalle dure parole del presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone. Se l’Assemblea siciliana – ha risposto oggi il presidente Crocetta – vuole presentare e approvare la modifica della norma regionale che sancisce l’elezione dei sindaci metropolitani faccia pure, il governo è contrario e difenderà il testo già varato dall’aula salvaguardando così peraltro l’autonomia del nostro Parlamento regionale che si è espresso dando l’ok».
La mancata definizione della legge rischia anche di complicare l’ultimo passaggio per l’approvazione del Patto per Palermo e del Patto per Catania, documenti economici fondamentali per il futuro delle due città metropolitane, che contengono i principali interventi su infrastrutture e politiche di sviluppo dei prossimi anni. Sabato è prevista la firma finale, alla presenza del premierMatteo Renzi. Tuttavia, come spiega oggi Repubblica Palermo, Leoluca Orlando ed Enzo Bianco, non essendo ancora sindaci metropolitani, non avrebbero il potere di decidere anche a nome degli altri Comuni delle città metropolitane. Palazzo Chigi avrebbe quindi invitato i due municipi a fare in fretta per trovare una soluzione entro sabato.
Da Catania è arrivata la risposta di Bianco che rivendica il suo ruolo di «autorità urbana di Catania, esattamente – sottolinea – come è stato fatto per il Pon Metro che è già in fase avanzata di sviluppo». «Nonostante in Sicilia la definizione degli organismi delle città metropolitane sta subendo un dannoso ritardo – continua la nota del Comune etneo – la città metropolitana rappresenta in ogni caso una realtà già identificata dalla legge e di fatto. E il governo, come per il Pon Metro ha individuato Catania come soggetto pienamente legittimato alla sottoscrizione del Patto redatto grazie a numerosi incontri con la presidenza del Consiglio dei ministri».
All’Ars, intanto, sono stati approvati sei dei 25 articoli della Finanziaria-bis. Fra questi, la norma che consente il prepensionamento dei dipendenti degli enti sottoposti al controllo della Regione e quella che consente ai testimoni di giustizia assunti dalla Regione di essere assegnati ad altre pubbliche amministrazioni che ne facciano richiesta.