Nuovi particolari ancora emergono sull’inchiesta che ha travolto la sezione delle misure patrimoniale del Tribunale di Palermo circa la gestione “allegra” dei beni sequestrati alla mafia. I finanzieri, in pratica, hanno intercettato per lungo tempo Silvana Saguto. Scrivono nelle informative: “Gli approfondimenti investigativi hanno fatto emergere che Silvana Saguto segnala persone da contrattualizzare (amici, conoscenti, personali o di suoi familiari) ad alcuni amministratori giudiziari”.
Intercettazioni anche su uno degli amministratori indicato da Saguto, il giovane Walter Virga, con i quali i rapporti non erano ottimali, come racconta Salvo Palazzolo su La Repubblica. “Lei non è un’ingenua, lei sa ben… lei fa parte di un sistema”. Così diceva l’amministratore giudiziario Walter Virga del giudice Silvana Saguto. Lui che per mesi era stato il pupillo del potente presidente delle Misure di prevenzione. “Lei fa parte di un sistema”, ribadiva ai suoi colleghi di studio, e una cimice intercettava. E dalle intercettazioni della guardia di finanza emerge uno spaccato del “sistema Saguto”: un giro di incarichi e favori tra parenti (come la nuora della Saguto stessa, imposta allo studio Virga) e amici nel quale chi “sbagliava” veniva punito: come lo stesso Virga, colpevole di avere allontanato la nuora della Saguto dal suo studio: “No, non gliela posso passare… non si buttano a mare le persone, si rischia insieme”, diceva il giudice Saguto al marito, non sapendo che intanto le fiamme gialle registravano tutto.
I finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Palermo dedicano un capitolo delle indagini al tema: “Impiego della scorta per fini non istituzionali”. Scrive Live Sicilia:
La mattina del 28 agosto scorso, ad esempio, il magistrato spiega al figlio Emanuele che “ho mandato i miei (personale della scorta, ndr) a prendere tutte cose (materiale sanitario per suturare una ferita, ndr) alla clinica Zancla”. Sempre lo stesso giorno la Saguto contatta un agente della scorta invitandolo a comprare “il dopo sole” per portarglielo a casa. Tre giorni dopo l’ex presidente chiama Mariangela Pantò, fidanzata del figlio, per chiederle se all’indomani le va di trascorrere una giornata al mare: “Ti faccio prendere dalla scorta quando viene a prendere a me”. All’indomani, davanti all’abitazione della Pantò si appostano i finanzieri. La donna viene prelevata nella zona di corso Calatafimi e accompagnata a casa Saguto. Pochi minuti dopo escono assieme dall’abitazione del giudice, salgono a bordo della Bmw serie 5 blindata per dirigersi verso via Marchese di Villabianca. Il 2 settembre la storia si ripete. “Stanno venendo a prenderti, ti portano a casa – dice la Saguto alla Pantò – perché a me mi arrivò una direttissima… tu comincia ad andare a casa, se del caso mangiate e poi io arrivo”. L’ultimo episodio contestato dai finanzieri risale al 3 settembre scorso. La Saguto chiama un uomo della scorta: “Potete venire, però dovete passare dalla profumeria e prendermi i dischetti levatrucco, quelli grandi”. In profumeria la scorta ci passa davvero. C’è un problema, però: “Sta controllando meglio ma molto probabilmente non ci sono quelli grandi, ci sono quelli piccoli”.
SCARPINATO E NATOLI. Si deve intervenire con urgenza perchè il tribunale di Palermo vive un forte «disagio» per il caso che coinvolge la sezione Misure di prevenzione con l’indagine a carico di cinque magistrati da parte della Procura di Caltanissetta. L’intervento è stato sollecitato al Csm dai vertici della Corte d’Appello di Palermo, il presidente Gioacchino Natoli ed il procuratore generale Roberto Scarpinato, ascoltati dalla prima Commissione di Palazzo dei Marescialli nell’ambito dell’istruttoria per incompatibilità ambientale. I due magistrati hanno lasciato il Csm senza rilasciare dichiarazioni.