Quanto costa in Sicilia l’istituzionalizzazione delle persone con disagio mentale? Decisamente troppo se si pensa che le Comunità alloggio, esplose numericamente dopo la chiusura dei manicomi, specialmente nel catanese, sono diventati in molti casi luoghi di ricovero permanente con percorsi riabilitativi che si fermano alla cura farmacologica. La struttura residenziale dovrebbe essere la tappa di un percorso e non il traguardo per il malato psichiatrico per il quale l’obiettivo che ci si propone è, secondo direttive precise, l’autonomia e l’integrazione sociale. Invece la residenzialità assorbe la quasi totalità delle risorse destinate alla salute mentale. In Sicilia ci sono circa 4000 utenti in strutture residenziali di cui l’85% in comunità alloggio, la cui retta giornaliera per utente costa circa 200 euro. Questo significa che ogni anno si spendono, solo per i circa 3500 ricoveri nelle Cta, intorno a 260 milioni di euro, risorse che si potrebbero indirizzare verso i Progetti terapeutici individualizzati, i cosiddetti Pti, che vengono gestiti dai Dipartimenti di salute mentale e che vanno oltre la logica del posto letto, ponendosi come obiettivo l’inserimento con l’autonomia abitativa e lavorativa dei malati psichiatrici attraverso i budget di salute. E’ quanto emerso dal convegno regionale che si è tenuto a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, organizzato dal Cesv e dall’Associazione Casa di accoglienza e solidarietà che da circa 30 anni è impegnata nella città del Longano per il reinserimento dei ristretti dell’ ex Opg. Al dibattito erano assenti però i rappresentanti delle istituzioni regionali che avrebbero dovuto dare risposte chiare sulle responsabilità avute, è stato ribadito, nel fallimento di norme, compreso il Piano strategico sulla salute mentale, pieni di buoni principi ma privi di capitoli di finanziamento e quindi inapplicabili. “Non è una questione di soldi che mancano perché sono tante le risorse sprecate nella residenzialità, ha ribadito però Padre Pippo Insana, presidente dell’Associazione e cappellano dell’Opg; nelle comunità non si attuano percorsi riabilitativi, le persone con disagio stazionano per anni e si evita persino di mandarle in famiglia pur di non perdere la retta di un solo giorno”. Il panorama siciliano delle strutture si articola in Comunità alloggio, Star, ma anche centri diurni con almeno 1500 utenti, ha ricordato Fiorentino Trojano, psichiatra, direttore del Dsm 6 di Acireale e Giarre e componente del gruppo regionale del Piano strategico della salute mentale. Ma ci si chiede chi controlla il funzionamento e gli standard di queste luoghi, gestiti in buona parte da cooperative, e le attività che si svolgono o si disattendono all’interno. “Risulta bloccato, tra le solite pastoie burocratiche e politiche, il nuovo piano per l’accreditamento delle strutture che rivede molti parametri, prevedendo per esempio non più di due persone per stanza, -dice Trojano- e che potrebbe imprimere dei cambiamenti al sistema, mentre la legge 381/91 che disciplina le cooperative sociali non è stata recepita in toto dalla Regione Sicilia che non ha ancora prodotto alcuni decreti attuativi”. E’ il momento di passare dai tirocini formativi, le borse lavoro e i corsi professionali, che in questi anni si sono dimostrate spesso come esperienze fine a se stesse, a effettivi inserimenti lavorativi che ridiano dignità e valore alla vita di chi da anni convive con il disagio psichico. I progetti terapeutici individualizzati possono essere una soluzione, come ha detto Biagio Gennaro, moderatore dei lavori del convegno, già direttore del Dsm di Messina, se si imprimesse un cambio di passo. Un’esperienza in tal senso è stata fatta dal Dipartimento di salute mentale e l’ha raccontata l’attuale direttore, Antonino Ciraolo, senza nascondere le difficoltà con cui ha dovuto fare i conti, dato che i Pti coinvolgono tutta una serie di soggetti e istituzioni, in questo caso anche la magistratura, che devono operare in sinergia tenendo sempre al centro delle loro decisioni la persona e le sue esigenze nel percorso intrapreso. Un lavoro non sempre semplice per la variabile del fattore umano e la necessità di andare oltre gli schemi precostituiti, molto più facile ricoverare e delegare ad operatori più o meno capaci. Nel 2012 l’Assessorato alla Salute aveva stanziato due milioni di euro per progetti di dimissione e reinserimento di 50 internati siciliani all’Opg di Barcellona. Dopo una serie di riunioni dei rappresentanti dei Dsm con l’equipe del “Madia” sono stati individuati i progetti per ogni provincia (5 Agrigento, 6 Caltanissetta, 12 Catania, 7 Messina, 14 Palermo, 4 Ragusa, uno ciascuno per Siracusa e Trapani). I budget di salute dal costo di 40 mila euro l’anno, (la residenzialità costa circa 75mila euro l’anno per utente) servivano a programmare, sostenere e realizzare Progetti Terapeutici individualizzati attraverso l’individuazione di percorsi riabilitativi in collaborazione con le famiglie, il soggetto coinvolto e il privato sociale. Dei sette budget finanziati per Messina, con 80 mila euro l’uno per due anni, quattro stanno proseguendo positivamente nel loro percorso compreso l’impegno lavorativo. Ci sono poi altri 10 progetti che sono stati inseriti nel Piano di Zona 2010/2012 ormai giunto però al quarto “rimpallo” e da non dimenticare i 56 Budget di salute di durata ventennale che ha avviato Fondazione per il Sud e rivolti ad ex ristretti dell’Ospedale psichiatrico giudiziario. “I budget di salute devono diventare sistema –ha però ribadito Biagio Gennaro,- devono essere parte di un indirizzo politico che va verso il ridimensionamento della residenzialità, gli esempi isolati non possono più bastare”.Testimonianze positive di inserimenti lavorativi, attraverso le cooperative di tipo B, sono state portate anche da Salvo Cacciola presidente rete fattorie sociali in Sicilia e Gabriella Bressaglia del Dsm di Treviso, disegnando ovviamente due realtà molto lontane.