È stata pubblicata lo scorso 11 settembre la sentenza, tra l’altro attesa da diverso tempo, del Consiglio di Stato che doveva pronunciarsi sul ricorso presentato da alcuni consiglieri comunali ed ex amministratori contro lo scioglimento del Comune di Scicli.
Dopo la sentenza che ha assolto l’ex sindaco di Scicli, Franco Susino, con formula piena ed escluso per tutti gli altri indagati l’associazione di stampo mafioso, riconoscendo solo l’associazione a delinquere semplice, c’era molto entusiasmo su una possibile sentenza del CGA che potesse ribaltare la decisione del Ministero dell’Interno.
Anche se l’attività democratica in città è ripresa a pieno titolo, dopo il commissariamento, per tanti, un accoglimento del ricorso, avrebbe sicuramente rappresentato una sorta di riscatto per la città, ma così non è stato.
Per il CGA il ridimensionamento degli indizi a carico del Sindaco che ne deriva, non appare decisivo, per tre ordini di considerazioni.
Anzitutto – si legge nella sentenza- è evidente che la legittimità del decreto di scioglimento, sotto il profilo della logicità e rispondenza agli elementi di fatto raccolti nel procedimento sottostante, deve essere valutata sulla base degli elementi disponibili in quel momento. E va ricordato che, al momento dell’adozione del provvedimento impugnato, gli elementi oggettivi provenienti dal procedimento penale consistevano soprattutto nelle ordinanze di custodia cautelare sopra ricordate e che agli accusati era stato contestato il reato di associazione mafiosa e relativo concorso esterno.
Né gli appellanti mettono in discussione che il significato accusatorio ritraibile (all’epoca) da tali provvedimenti fosse stato travisato.
Poi, come esposto, vi sono elementi che testimoniano per l’accondiscendenza del Sindaco verso un sistema consolidato di gestione delle affissioni elettorali che ha visto in prima fila soggetti controindicati, i quali hanno imposto i loro servizi alla classe politica.
Infine, se anche la figura del Sindaco non risulta coinvolta in prima persona nei contatti con -OMISSIS- ed i suoi sodali, dall’insieme dei rilievi critici contenuti negli atti (e percepibili in modo pieno dalla relazione della Commissione di accesso, pagg. 113 ss.), ed in particolare dagli elementi sopra riportati, emerge che -OMISSIS- si poneva come intermediario imprescindibile in diversi settori dell’amministrazione.
In sostanza per il Consiglio di Stato se è vero che non c’è la mafia, sono esistiti comunque dei condizionamenti, in ambito amministrativo, dei quali non si può non tenere conto.
Una delle prime reazioni alla sentenza del CGA è quella dell’ex assessore Giampaolo Schillaci che scrive:
La sentenza del Consiglio di Stato non contiene neanche una volta la parola “mafia”. Parla di “criminalità organizzata”. Ma non dice che c’è stato un condizionamento delle istituzioni parte della criminalità. Dice che “potrebbe” esserci stato. Su questi ragionamenti una intera comunità porterà per sempre il marchio di uno “scioglimento per mafia” che non è nemmeno avvenuto, perché solo e unicamente di “criminalità organizzata” si parla. Una criminalità a quanto pare ben superiore a quella che ha macinato persone e risorse pubbliche negli scandali di Roma, di Milano Expò e del Moses di Venezia. Se insieme ad altri cittadini come me, nemmeno sfiorati dal provvedimento (le Giunte non vengono “sciolte”) abbiamo affrontato due gradi di giudizio amministrativo è stato per evitare questo marchio alla nostra comunità. Una città che mentre subiva una offesa gratuita alla propria dignità, guarda caso negli stessi giorni veniva gravemente ferita nelle proprie finanze e nel proprio territorio. Queste ferite sono ancora aperte.
Giampaolo Schillaci – cittadino ricorrente contro lo scioglimento. Ex Assessore
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