La pandemia ha rubato giorni di scuola ai ragazzi e alle ragazze italiani e Mario Draghi vuole partire da qui: il calendario scolastico va rivisto e bisogna fare di tutto per assicurare che alla ripresa a settembre i professori siano in cattedra . Ne discute con i partiti più piccoli il premier incaricato durante il secondo giro delle consultazioni.
L’altra priorità è accelerare sui vaccini, la loro distribuzione ma anche la produzione. E creare posti di lavoro, perché la ripresa ci sarà ma sarà lenta. Prende forma il programma del nuovo governo, che parlerà anche di Europa e lavoro e delle riforme necessarie a rilanciare il Paese: fisco, pubblica amministrazione e giustizia in cima alla lista.
Il ritmo dei colloqui è serrato, gli esponenti delle forze politiche escono uno dopo l’altro e dipingono un quadro molto simile. La cornice entro la quale si muoverà il governo Draghi sarà europeista all’insegna di un rinnovato atlantismo.
Sul fronte interno invece il premier incaricato batte più volte sulla riforma della pubblica amministrazione: operazione necessaria per l’attuazione del Recovery plan. C’è poi la riforma del fisco, che deve essere organica, e anche la riforma della giustizia civile. Quella penale, tema fonte di molte tensioni fra i partiti, non è citata. L’emergenza sanitaria ha poi portato con sé quella sociale ed economica. Il blocco dei licenziamenti scade a fine marzo e qui nessuno riporta parole nette: la necessità di proteggere le persone sarebbe però chiara al premier incaricato, che punta a creare nuovi posti di lavoro attraverso la ripresa degli investimenti e l’apertura dei cantieri. Altra priorità, l’ambiente che “innerverà” ogni intervento. E poi i due grandi temi che interessano tutti i cittadini: la scuola e la lotta al Covid.
Il 15 febbraio scade il decreto legge che vieta gli spostamenti fra Regioni e dunque se rinnovare la stretta o come alleggerirla potrebbe essere il primo atto del nuovo governo. Francesco Boccia, ministro uscente per gli Affari Regionali, invita a “non abbassare la guardia”. Sulla scuola invece si sono già fatti sentire i presidi: l’idea di allungare, magari fino a mluglio, la presenza degli studenti in classe viene accolta con un mix di prudenza e timore mentre sulle “200mila assunzioni” da fare la richiesta è di maggiore autonomia agli istituti.
Prima di salire al Colle e sciogliere la riserva, l’ex presidente della Bce deve tornare al tavolo con i partiti più grandi e incontrare – come promesso – parti sociali e enti locali mercoledì. Ma a quel punto non potrà ancora dichiarare chiusa la partita: il Movimento 5s ha deciso di ascoltare la base con tanto di votazione online che si concluderà giovedì alle 13. La direzione di marcia dei vertici è chiara: hanno aperto al governo Draghi in nome della responsabilità. Luigi Di Maio assicura che le battaglie di bandiera non verranno rinnegate e che i 5s “continueranno a essere determinanti”. Invoca compattezza ancora una volta Giuseppe Conte che ai gruppi parlamentari è anche tornato ad assicurare di “non voler entrare nel governo”. Il lavoro sui punti programmatici, che mostrano un respiro ampio e che rispondono alle sollecitazioni arrivate più volte da Bruxelles, va di pari passo con la formazione della squadra. Sempre più possibile che alla fine Draghi scelga una formula mista, con alcuni tecnici nei ministeri chiave e la presenza di alcuni politici. Avere luogotenenti dei partiti nell’esecutivo potrebbe infatti garantire una navigazione più sicura in Parlamento. La maggioranza larghissima, che va dal Pd alla Lega, pronta a sostenere Draghi rischia di rendere l’esame dei provvedimenti alla Camera e al Senato ricco di insidie.
Se il governo dovesse essere interamente politico, la Lega è però pronta a reclamare un posto da ministro direttamente per Salvini. Una questione di “logica” per il capogruppo leghista a Montecitorio Riccardo Molinari. Intanto, dopo le aperture all’ex banchiere centrale, prosegue la svolta in chiave europeista del ‘Capitano’. Su migranti dice di volersi attenere alla “legislazione europea” e potrebbe anche decidere di far votare i suoi a favore del Recovery fund all’Europarlamento. Molto dipenderà dall’incontro in agenda con Draghi: se la vecchia austerity facesse largo agli investimenti – fanno sapere fonti del partito – si potrebbe virare dall’astensione al sì anche in questo caso.
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