I beni confiscati alla mafia spesso restano…ai boss. Lo rivela un’indagine della Direzione Investigativa Antimafia, che parla di illegalità diffusa in tutta Italia. Su 10 mila immobili confiscati in via definitiva, più di 1.300 risultano occupati, di cui 300 dal malavitoso o dalla sua famiglia. Solo in 570 casi è stata emessa l’ordinanza di sgombero, che non è detto sia stata eseguita. E poi ci sono ben 8.500 immobili (quindi, la quasi totalità della parte restante) «per i quali non si dispone di elementi certi – si legge nella relazione della Dia – e di cui non si può escludere l’occupazione».
Tra l’altro, con il sequestro o la confisca, il malavitoso non è più tenuto a versare l’Imu, perchè la proprietà passa allo Stato, anche se in realtà è casa sua. C’è chi, addirittura, affitta in nero il bene confiscato, non pagando ovviamente tasse. E quello che dovrebbe essere uno strumento di lotta alla criminalità si trasforma in un’occasione per alcuni mafiosi di avere nuova ricchezza in nero. La Dia ha eseguito controlli a campione in tutta Italia. la situazione più grave è a Roma. Su 1.038 beni confiscati in via definitiva dalla sede romana dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anabsc), 380 risultano occupati e di questi 155 sono occupati dal prevenuto, imputato o dai suoi familiari. Già lo scorso Gennaio nella relazione annuale la Dia aveva riportato l’esito di alcune verifiche ed era emerso già che molti immobili sequestrati e/o confiscati in sede di misure di prevenzione, rimangano nel possesso dei proposti/prevenuti e/o dei loro congiunti». «L’informazione è davvero sconvolgente si legge nella relazione – perché significa che tutto il lavoro che è stato svolto in questo settore nel distretto dal 2011 a oggi da polizia giudiziaria, pubblici ministeri e organi giudicanti è stato di fatto finora vano». Scrive Il Tempo:
Dall’indagine della Dia è emerso che i dati forniti dall’Agenzia nazionale dei beni confiscati non sono omogenei e aggiornati. Anabsc precisa di non essere in grado di accertare chi siano gli occupanti qualora l’amministratore giudiziario non abbia redatto la relazione finale o nei casi in cui si chiedano “lumi” su beni la cui confisca è anteriore al 2010, perché all’epoca la gestione del settore era in mano all’Agenzia del Demanio. Secondo l’Agenzia, gran parte delle occupazioni sono attribuibili al Tribunale, che dispone il sequestro, ma non ordina contestualmente lo sgombero dell’immobile. Tuttavia, anche in presenza di un ordine di sgombero, l’Anabsc spesso non presenta la richiesta alla prefettura, giustificandosi con la carenza di personale. La prefettura, a sua volta, non esegue lo sgombero, trincerandosi dietro le ragioni di ordine pubblico, e se lo esegue, lo fa almeno dopo anni.
A frenare l’esecuzione degli interventi c’è anche il rischio che arrivino sentenze favorevoli ai proprietari dopo che il provvedimento di confisca è diventato definitivo. Quando lo sgombero viene eseguito, spesso i malavitosi, prima di abbandonare i propri appartamenti, saccheggiano tutto il possibile. Gli immobili, così devastati, sono inutilizzabili. C’è poi la difficoltà nel trovare enti come onlus a cui affidare gli immobili, per via dei costi di gestione o della scarsa remuneratività del bene.
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