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In Sicilia 131mila case chiuse ma in 50mila cercano un'abitazione

La Sicilia del mattone brancola, appesa a un paradosso. Da un lato conta 131 mila case chiuse perché cadenti, in rovina o semplicemente non abitate. In pratica il 17% del totale nazionale. Dall’altro registra il difficile accesso alla casa, specialmente delle fasce più deboli di popolazione. Nell’Isola è quasi un quarto dei siciliani a non avere casa di proprietà. Nonostante che quasi il 60% del territorio regionale sia cementificato: uno dei dati più alti a livello nazionale. E quanto agli sfratti, la stragrande maggioranza di quelli notificati sono conseguenza di morosità incolpevole. Solo l’anno scorso, su 4.152 sfratti eseguiti in Sicilia, l’85% è stato causato da morosità e il 90% delle 3.530 esecuzioni forzate (3.176), sono state il risultato di morosità incolpevole. A segnalare la crisi della casa in Sicilia, “tanto sul fronte del consumo di suolo quanto su quello del disagio abitativo”, Cisl regionale e Sicet (il sindacato inquilini) che, assieme a Caritas e Fiopsd, la federazione italiana degli Organismi senza dimora, hanno organizzato a Palermo un focus dal tema ‘Abitare è vivere’. Vi hanno preso parte Rosanna Laplaca della segreteria regionale Cisl, che ha tirato le conclusioni; Santo Ferro, segretario del Sicet Sicilia; Guido Piran, segretario generale nazionale Sicet. Il delegato regionale della Caritas, don Vincenzo Cosentino e Domenico Leggio, vicepresidente nazionale Fiopsd. Monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara e delegato Cesi per le politiche della casa, ha inviato un messaggio.
L’OSSERVATORIO E LE 80 MILA CASE POPOLARI. Il meeting è arrivato a poche settimane dalla presentazione a Roma del rapporto congiunto Caritas, Cisl e Sicet, ‘Un difficile abitare’ sul livello critico raggiunto nel Paese dal problema casa. È stato pure l’occasione per illustrare, anche attraverso un video, il progetto Housing First Sicilia, lanciato dalla Caritas regionale, due anni fa. Per la Cisl, ha inteso “indicare alle istituzioni, attraverso un pacchetto di proposte, un modello innovativo e sostenibile di politica per la casa, che prenda le mosse – ha insistito il sindacato guidato in Sicilia da Mimmo Milazzo – dall’istituzione dell’Osservatorio della condizione abitativa, previsto dalla legge 431/1998”. Il disagio sociale legato alla casa ha superato la soglia dell’emergenza, ha sostenuto la Cisl. E questo vale specialmente per l’edilizia residenziale pubblica che, secondo il sindacato, versa in una “situazione preagonica”. Negli uffici casa dei 390 Comuni siciliani, segnalano Cisl e Sicet, giacciono 50 mila istanze di partecipazione ai bandi per alloggi sociali. Ma quelle accolte, e dunque gli alloggi assegnati nel biennio 2014-2015 (ultimi dati disponibili), sono appena 500, l’1%. E di questi 500, 300 riguardano alloggi sequestrati alla mafia. Così, da un lato si sperimenta l’eccesso di cemento; dall’altro viene in luce il cattivo stato di conservazione nell’Isola del patrimonio edilizio (quasi una casa su tre è in condizioni pessime). Dall’altro ancora, è la denuncia di Cisl e Sicet, emerge “l’esclusione sociale dalla casa, di molte persone, famiglie, pensionati, disoccupati, giovani coppie e immigrati”. Per restare all’edilizia residenziale pubblica, il patrimonio gestito da Comuni e Iacp, ad oggi in Sicilia è di circa 80 mila abitazioni di cui appena 18 mila sono state riscattate negli anni, dagli assegnatari. Ben 16.700 alloggi invece, il 27%, sono case occupate abusivamente.
LE PROPOSTE CISL-SICET. Da qui il ventaglio di proposte al Governo regionale e a quello nazionale, illustrato oggi dal sindacato, per voce di Laplaca. La Cisl chiede “un tavolo interassessoriale con la partecipazione delle parti sociali e, assieme, la convocazione del tavolo nazionale per la politica della casa istituito con l’articolo 4 della legge 9 del 2007”. Alla luce del fallimento del piano nazionale di edilizia abitativa, considera “necessario il differimento di un anno dei provvedimenti esecutivi degli sfratti, allargando la tutela anche alla morosità incolpevole”. E insiste per la creazione di Agenzie locali per la casa. Al riguardo, suggerisce la ricognizione di tutte le risorse disponibili, regionali e nazionali, a tutela delle famiglie in emergenza abitativa. Inoltre, sollecita il rilancio dell’edilizia residenziale pubblica “mediante un programma pluriennale e, nell’immediato, attraverso un piano di recupero e riqualificazione di alloggi non utilizzabili”. Ancora, indica la strada dell’istituzione di una posta ad hoc nel bilancio della Regione. E chiede la riforma del regime delle locazioni, il sostegno al reddito delle famiglie più deboli e la tracciabilità dei canoni di locazione. Con Ferro, invita governo regionale e Ars ad approvare una legge-quadro per l’edilizia residenziale pubblica e a varare la riforma degli Iacp: “siamo l’unica regione d’Italia a non averlo fatto”.

MOGAVERO E L’HOUSING FIRST. Quanto al progetto Housing First, che ha coinvolto le diciotto diocesi dell’Isola, ha offerto a senza casa, immigrati, disoccupati, persino a padri separati, oltre cinquanta alloggi, tra singoli e condivisi, permettendo, hanno raccontato Cosentino e Leggio, il “reale inserimento abitativo di oltre 200 persone”. Inoltre, con tredici sperimentazioni in corso, la Sicilia è la regione d’Italia con il maggior numero di tetti a disposizione di chi ha bisogno. Una pratica di contrasto alla marginalità, che ha raccolto il plauso di Mogavero. Il progetto Housing First, ha scritto il presule, da’ valore alla cultura dell’accoglienza e del rispetto dell’altro. Ed è “un’esperienza che potrebbe definirsi pilota nel passaggio da una strategia dell’emergenza a una progettualità della convivenza costruttiva”.
IL DATO NAZIONALE. Per Piran, “l’accessibilità alla casa è il più autentico paradigma di sviluppo”. Fino ai primi anni Duemila, in Italia, ha ricordato, il numero degli sfratti era assai basso e per lo più si trattava di sfratti per finita locazione. A partire dal 2006, è esploso il fenomeno delle esecuzioni per morosità. Così, negli ultimi dieci anni, più di mezzo milione di famiglie s’è ritrovato senza casa. “Numeri da esodo”, ha tuonato, ripetendo che “il Paese avrebbe bisogno di un numero di case popolari doppio rispetto alle 800 mila che attualmente ci sono”. Ancora, che “la politica per la casa, della riorganizzazione delle città e della riqualificazione dei quartieri, dovrebbe essere assunta come fondamentale strumento di politica economica e di coesione sociale”.

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