La svolta è arrivata alle 23,55 con una nota dello stesso presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta che ha messo la parola fine all’estenuante trattativa sul rimpasto del governo regionale. «Dopo l’invito delle parti sociali, della società, data la necessità di dare impulso alle riforme e ricomporre un largo quadro di alleanze – ha scritto il presidente della Regione- fedele al quadro politico originario, con l’obiettivo di chiudere velocemente la questione che ormai si prolungava da troppo tempo, confermando la stima nei confronti del mio partito e ribadendo di essere un dirigente del Partito Democratico, su impulso del componente della segreteria nazionale, Davide Faraone; sentiti tutti i partiti, ho colto le esigenze programmatiche che vengono dalla società, dai lavoratori, dal mondo degli imprenditori, guardando prima di ogni cosa ai giovani, ai disoccupati, ai deboli che rischiano di essere schiacciati dalla crisi. Al fine di dare ulteriore slancio a un forte programma di solidarietà sociale, di lavoro, di sviluppo, di lotta alla corruzione, alla mafia e agli sprechi, consapevole del difficile momento, registrando persino una sofferenza di una parte del mio partito nei confronti del quale mi sono posto con umiltà e persino con semplicità, senza ricevere alcuna apertura, non rinunciando mai a ricomporre le questioni insolute. Si tratta di professionisti di grande valore, – afferma il presidente – di uomini che scelgono di combattere per liberare la Sicilia e favorire il suo processo di rinascita economica e sociale”.
Di fronte alle sabbie mobili dei partiti, dunque Crocetta ha deciso da solo o quasi, come del resto lo avevano invitato a fare un po’ tutti a partire dal presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante. Crocetta ha scelto, nonostante l’ennesimo comunicato della segreteria regionale del Pd annunciasse per oggi una riunione per indicare i nomi da inserire in giunta: il presidente della regione ha incassato il via libera di Davide Faraone, leader dei renziani in Sicilia e registrato l’atteggiamento non proprio morbido del vice segretario nazionale, Lorenzo Guerini. Quale sarà l’atteggiamento del Pd, travagliato da difficili scelte sulle candidature alle Europee, è tutto da vedere. Di fatto Crocetta ha mantenuto l’alleanza con l’Udc ed ha allargato la giunta ad altre formazioni come i Democratici riformisti che fanno riferimento all’ex ministro Salvatore Cardinale e Articolo 4. Con questa scelta Crocetta è uscito dal pantano, almeno così sembra: della vecchia giunta restano in carica le sei donne (Patrizia Valenti che sarà vicepresidente, Linda Vancheri, Michela Stancheris, Lucia Borsellino, Nelli Scilabra, Mariarita Sgarlata) mentre sei sono i volti nuovi tra cui Salvatore Calleri, presidente della Fondazione Antonino Caponnetto, cui va la delega del delicato assessorato all’Energia, e Roberto Agnello, tecnico di area Pd, che si occuperà dell’assessorato all’Economia.
Entrano in giunta anche Antonio Fiumefreddo professore della Link University di Roma e giornalista in quota Drs; l’avvocato siracusano ed esponente di Articolo 4 Paolo Ezechia Reale; Nico Torrisi, imprenditore del settore turistico di Catania in quota Udc; Giuseppe Bruno, avvocato esponente del Pd. «Da questo momento – aggiunge Crocetta – le deleghe sono politicamente azzerate, verranno discusse insieme ai partiti sulla base dell’utilizzo ottimale delle loro competenze e professionalità. La mia – conclude il presidente – non è una decisione autoreferenziale, ma vuole essere in sintonia con la società, la politica e i partiti che spero non creino più ulteriori spettacoli perché la Sicilia ha bisogno di decisioni e anche in tempi rapidi».