In Sicilia un parere di un giudice amministrativo vale più di una legge approvata in Parlamento. In questa storia di deregulation e principi capovolti c’è la politica che fa e disfa a seconda di congiunture e convenienze. Così la contingenza finisce per stravolgere l’ovvio. Che di ovvio ha ben poco. Anzi. Una norma, inerita nella riforma della legge elettorale per gli enti locali varata dall’Assemblea siciliana la scorsa estate, prevede il commissariamento dei comuni che non rispettano le scadenze per l’approvazione dei bilanci, con ila conseguente decadenza di sindaci e consigli comunali. A quell’emendamento diede parere favorevole il governo, in aula c’era l’assessore alla Funzione pubblica, Luisa Lantieri.
All’indomani si capì che in ballo c’erano i destini di decine di amministratori e consiglieri di comuni inadempienti, tra cui spicca l’amministrazione di Catania che in base alla normativa vigente dovrebbe essere sciolta per consentire ai cittadini di tornare alle urne già nella primavera prossima. Ma quella legge non viene applicata. Meglio, viene applicata a piacimento.
Se fosse rispettata la Regione dovrebbe sciogliere ben 250 comuni che risultano al momento fuori legge, alcuni dei quali sono sotto commissariamento proprio per le inadempienze contabili. E invece nulla. Anzi. In realtà qualcosa sta succedendo. Un pasticcio. Perché la Regione sta sciogliendo solo i consigli comunali salvando i sindaci. Come accaduto a San Piero Patti, comune del messinese di quasi 3mila abitanti. Il consiglio è stato sciolto, il sindaco Ornella Trovato del Pd, invece, rimane in sella. Il decreto del presidente Crocetta risale al 2 dicembre, il giorno prima sala d’Ercole aveva approvato, col parere favorevole del governo (anche stavolta con l’assessore Lantieri), una mozione, a firma di Toto Cordaro, capogruppo del Pid, che impegnava l’esecutivo “a rispettare il prescritto normativo, stante che lo stesso non si presta a nessuna interpretazione e che rappresenta la volontà del legislatore come si evince chiaramente dai lavori parlamentari”.
Con la mozione si invitava il governo “ad avviare immediatamente un esame analitico di ogni singolo ente locale che si trovi nelle casistiche previste dalla norma avviando le procedure”. Ma Palazzo d’Orleans tiene la norma congelata facendo leva su un parere del Consiglio di giustizia amministrativa (Cga), richiesto dal governatore Rosario Crocetta, secondo cui la legge non può cambiare le regole in corso per cui va applicata nella consiliatura successiva.
Secondo quanto scritto proprio nella mozione all’Ars invece “il parere reso dal Cga è improduttivo di effetti giuridici all’esterno in quanto atto para-giurisdizionale, cui il presidente della Regione non è tenuto all’applicazione”. Insomma, non serve richiedere un parere a giudici amministrativi su una legge del Parlamento. E averlo fatto sarebbe stata una forzatura. Tant’è che lo scorso 13 dicembre tre ex consiglieri comunali di San Piero Patti hanno notificato alla Regione una “diffida e messa in mora” perché “la procedura di decadenza del sindaco e della giunta non è stata avviata e portata a conclusione con la stessa tempestività e prontezza usate per la sospensione e lo scioglimento del consiglio comunale con possibili ripercussioni sulla legittimità degli atti posti in essere dagli organismi comunali che andavano parimenti sanzionati”.
I tre ex consiglieri chiedono lo scioglimento anche della giunta altrimenti “si vedranno costretti ad adire le vie legali nonché a trasmettere gli atti alle autorità per violazione del codice penale”. In realtà dietro al pasticcio ci sono le solite beghe politiche. Dopo l’ok alla riforma l’assessore Lantieri aveva emanato una circolare per l’applicazione della legge. Un atto amministrativo sollecitato da alcuni parlamentari.
Ma forte del parere del Cga, Crocetta ha bloccato tutto. La norma, piaccia o no, però c’è. E andrebbe applicata. Anche perché è in linea con la legge nazionale. I detrattori sostengono però che nella norma c’è un vulnus: l’anomalia consisterebbe nel fatto che nei comuni dove si vota col maggioritario il sindaco non fa parte del consiglio comunale e dunque la legge dovrebbe essere rivista per tutelare i primi cittadini, come voleva Leoluca Orlando, grande oppositore. La circolare della Lantieri intanto è stata sospesa, come da delibera voluta da Crocetta, contestualmente alla richiesta del parere al Cga. Una vicenda intricata che potrebbe portare ulteriori problemi: tutti gli atti dei commissari inviati nei comuni inadempienti, ma non sciolti, potrebbero risultate illegittimi se non addirittura nulli. Un caso, mentre il governatore continua a rassicurare i sindaci: “La legge sarà modificata”.
E per “disinnescare’ la mozione il governo ha approvato un mese fa un nuova delibera ribadendo il parere del Cga. All’Ars intanto Cordaro aveva preparato un emendamento alla finanziaria per esplicitare che la norma si applica immediatamente, una mossa caduta nel vuoto. Quell’emendamento come gli oltre mille che erano stati presentati alla manovra sono stati cestinati.