Si erano riorganizzati. Alla grande. Con un controllo massiccio del territorio che garantiva cospicue entrate con le estorsioni e affari, tanti affari soprattutto nel settore delle slot machine. Ma soprattutto avevano compattato i ranghi e ricostruito un’organizzazione verticistica e coesa. A Tommaso Natale-San Lorenzo-Resuttana, quartieri alla periferia ovest di Palermo, la mafia aveva rialzato la testa e sette anni dopo l’arresto del boss Salvatore Lo Piccolo, che da queste parti ha “governato” per anni in latitanza, una delle più grandi operazioni giudiziarie degli ultimi anni ha azzerato gli affari e i progetti di vecchi e nuovi boss.
Si chiama operazione Apocalisse quella andata in scena alle prime ore dell’alba con centinaia di uomini impegnati (poliziotti, carabinieri, militari della Guardia di finanza): 95 le misure cautelari emesse dal gip del Tribunale di Palermo su richiesta della Procura antimafia di cui 13 agli arresti domiciliari e quattro persone allontanate da Palermo. In manette sono finiti esponenti di famiglie mafiose storiche come Girolamo Biondino, il sessanteseienne fratello di Salvatore l’autista di Totò Riina, ritenuto l’esponente di vertice della nuova organizzazione criminale del mandamento: era uno dei boss scarcerati inseriti nella temuta lista del Viminale.
Gli investigatori hanno ricostruito la mappa del pizzo e affari in un’area che va da Tommaso Natale-Resuttana fino a Torretta, in provincia. Scoperto anche il libro mastro, dagli arrestati chiamato “papello”, in cui figurano i nomi di imprenditori e commerciati che pagavano: titolari di ingrossi di prodotti alimentari, surgelati e carni, discoteche, imprese edili, boowling e sale biliardi, negozi di abbigliamento, pescherie, sale bingo, negozi di elettronica, botteghe artigiane, fruttivendoli. Pagavano tutti sulla base del giro d’affari: da poche centinaia a migliaia di euro. Imprenditori costretti a pagare somme di un certa entità a titolo di una tantum e una tassa mensile che va dai 200 euro per la piccola attività ai mille euro per l’impèresa edile che versava anche il solito tre per cento in caso di appalti. Al titolare di un distributore di carburante, invece, è stato imposto di comprare scarpe e abiti firmati in un negozio del centro di Palermo e di “regalarli” a boss e picciotti del mandamento. Una curiosità: dalle intercettazioni emerge una verità sull’omicidio di Joe Petrosino, il poliziotto italo-americano ammazzato nel 1909 a Palermo dove era arrivato per dare il colpo definitivo a quella che allora era denominata la Mano nera: Domenico Palazzotto, tra gli arrestati, si vantava del pedigree mafioso della sua famiglia: un suo parente, raccontava, avrebbe ucciso quel poliziotto venuto dall’America a indagare in Sicilia «lo ha ammazzato uno zio di mio padre» diceva.
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