Gli imprenditori chiedono la valorizzazione del marchio Nebrodi – Avviato l’iter per costituire una grande associazione
Un territorio in cerca di governance con l’obiettivo di non perdere la sfida di competizione con altre aree della regione. I Nebrodi, intesi come area vasta che sta a cavallo di più province, sono alla ricerca di un modello che faccia di tutta l’area un potente attrattore di investimenti pubblici e privati. Promotori di questo progetto due soggetti: da una parte il Parco dei Nebrodi, di cui è presidente Giuseppe Antoci (che guida anche Federparchi regionale) e dall’altra il Gal Nebrodiplus di cui è presidente Francesco Calanna, a sua volta alla guida anche dell’Esa, l’Ente di sviluppo agricolo. Ed è in linea con questo progetto la richiesta di adesione di altri 21 comuni al Parco dei Nebrodi che per il momento, in attesa di una legge regionale che modifichi la perimetrazione del Parco, hanno costituito una Ats (Associazione temporanea di scopo) per dare concretezza al progetto ed essere soprattutto pronti a cogliere le opportunità che arriveranno dai fondi europei della prossima programmazione. Lo ha spiegato lo stesso presidente del Parco in una intervista rilasciata al notiziario locale Nebrodinews difendendo la propria scelta anche nei confronti di qualche sindaco che non vede di buon occhio questo allargamento (il primo cittadino di Floresta ha fatto un comunicato molto pesante): «Oggi- dice Antoci – i comuni hanno capito che bisogna fare squadra e il territorio ha la necessità di unirsi: con l’ingresso dei nuovi comuni è possibile accedere a bandi dove necessita un bacino di popolazione superiore ai 150 mila abitanti, che il Parco con l’ingresso dei 21 comuni raggiunge. Pur essendoci molto terreno ma piccoli comuni molti bandi e finanziamenti per il territorio ci passavano sopra la testa. Ma soprattutto c’è la voglia di rimettere in moto il territorio attraverso il modello della green economy con tutti questi sindaci che sono uniti dall’obiettivo di non far morire quest’area. Non esiste in questo alcun colore politico. Se i comuni di Sinagra, Longi, Galati pensano di poter andare avanti da soli siamo anacronistici. Dobbiamo unirci e capire come possiamo evitare che i giovani vada via da questo territorio, come evitare lo spopolamento. Da poco ho consegnato a tutti gli enti e sindaci una relazione sul mio operato in un anno di presidenza: abbiamo aperto alla sede del Parco di S.Agata di Militello ufficio del Pai per il dissesto idrogeologico, primo esempio in Sicilia di ufficio distaccato, esistono solo nei capoluoghi di provincia».
Ma il progetto dell’area vasta, di un sistema integrato dei Nebrodi che possa cogliere tutte le opportunità derivanti dai finanziamenti si scontra con gli interessi contrapposti di comuni che ricadono nello stesso perimetro geografico: un conflitto latente ma non troppo è quello tra i comuni montani e quelli della costa, spesso più grandi e politicamente più forti. Conflitto che, per la verità, è emerso nei mesi scorsi proprio nell’ambito del dibattito sul futuro dei Nebrodi, sui progetti da presentare, sulla compatibilità di alcuni progetti con uno sviluppo sostenibile del territorio. E’ passata l’impostazione voluta dai comuni “marinari” con grande disappunto di uno come Francesco Calanna che si è battuto fino in fondo per dare rilievo a questioni che riguardano le aree interne. E quali sono? Le infrastrutture, come sempre, e poi i servizi, gli investimenti complessivi per la tutela del territorio e la difesa dal dissesto idrogeologico. Perché il rischio che sta dietro l’angolo è che questo territorio continua a rimanere ai margini dei processi di sviluppo nonostante grandi potenzialità e grande fermento imprenditoriale che fin qui non è emerso in tutta la sua forza. Anche se qualcosa sta cambiando. Ne è una dimostrazione il fermento attorno al suino nero dei Nebrodi e al Consorzio Terre dei Nebrodi che gestisce il prosciuttificio costruito dalla Regione siciliana a Galati Mamertino: prosciutti, carne, salame che possono contare sul marchio di Slow Food ma che potrebbero diventare uno dei primi casi di prodotto made in Sicily con il marchio Qualità sicura Sicilia, grazie alla riconoscimento della regione il cui iter è stato avviato nelle scorse settimane.
Che qualcosa stia cambiando anche nella mentalità della gente che vive da queste parti da sempre considerate dalla classe politica mero serbatoio di voti e territorio a vocazione assistenzialistica. Tra i piccoli imprenditori della zona, spesso costretti al nero da una cultura burocratica e fiscale asfissiante, il disagio è crescente: molti produttori chiedono più servizi, rafforzare il sistema di sostegno alle filiere (che per la verità funziona molto bene grazie alle Soat, gli uffici periferici dell’assessorato all’Agricoltura), il riconoscimento del brand Nebrodi sia nel settore dell’agroalimentare di qualità sia nel settore turistico. Da qui l’idea di costituire la condotta Nebrodi chiedendone l’adesione a Slow Food, al fianco di quella esistente Valdemone che poco ha a che fare con prodotti che tutti riconoscono per la loro provenienza territoriale di cui la Valdemone è solo una parte. E per una volta i produttori hanno convenuto di mettersi insieme, di progettare, programmare, difendendo il proprio lavoro. Il punto è quello di impedire che i Nebrodi diventino terra di conquista e che l’agroalimentare di qualità, la ristorazione, l’ospitalità non diventino business monopolistico per alcuni lasciando fuori i produttori locali. Il movimento dal basso, che non ha connotazioni partitiche ma ha un grande valore politico, è ormai partito: dimostra che qui l’economia esiste e vuole emergere cercando alleanze con chi ha il know how ma senza esserne subalterni.
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