I fondi ci sono, in qualche caso anche la governance territoriale strutturata e pronta, ma in Sicilia la strategia per le aree interne è in forte ritardo. Così resta sulla carta per il momento il modello voluto dall’ex ministro Fabrizio Barca che potrebbe aiutare quei territori in fortissimo ritardo di sviluppo e a rischio spopolamento.
La responsabilità, manco a dirlo, è della Regione siciliana, almeno per quanto riguiarda l’area interna delle Madonie definita “prototipale” nella Strategia nazionale: serve infatti un accordo scritto e firmato tra la Regione e la governance defionita di quest’area, ovvero con l’Unione dei Comune che è stata costituita. Ma la firma non arriva e così non possono essere spesi i quasi 38 milioni disponibili. In altri casi, comne per l’area interna dei Nebrodi, la responsabilità è invece degli amministratori locali: non si mettono d’accordo tra loro e non sono riusciti ancora a definire una governance. Questo almeno trapela dal ministero.
Per non parlare del calatino che non è ancora partito. In Sicilia le aree interne previste dalla Strategia nazionale sono 5 (le 4 aree-progetto di Terre Sicane, Madonie, Nebrodi, Calatino) per un totale di 62 comuni, a cui si aggiunge l’area del Simeto- Etna, composta da 3 comuni, individuata in ambito nazionale come area sperimentale: 65 comuni in tutto dunque e 325mila abitanti. Le aree interne siciliane in totale hanno a disposizione 165 milioni di Fondi europei per infrastrutture, servizi, investimentio per ammodernare l’apparato amministrativo, innovazione, reti a banda larga. Insomma interventi pere mettere al passo queste aree con le aree più evolute.
Il tema è stato affrontato dalla Cgil che alle aree interne ha dedicato il convegno che si è svolto stamattina nella sede regionale di Palermo. “Con la Strategia nazionale per le aree interne si prova a mettere in campo un cambiamento del modello economico. Si parte dai bisogni delle persone per costruire un modello produttivo sostenibile sotto il profilo sociale e sotto quello ambientale. Questo è l’operazione che sta alla base del Piano del lavoro della Cgil, quindi non può che vedere il nostro favore”. Lo ha detto Gianna Fracassi, segretaria nazionale Cgil, intervenendo a Palermo al convegno della Cgil Sicilia sullo sviluppo delle aree interne. “Si parte da bisogni e diritti come quelli legati all’istruzione- ha rilevato Fracassi – , alla sanità, alla mobilità, alla rete sociale ma si rilancia anche la questione della messa in sicurezza del territorio. Le Snai sono in tal senso una buona pratica basata su elementi positivi come la partecipazione e la messa a sistema delle risorse. Ora – ha sottolineatoFracassi- si tratta di accelerare la realizzazione degli interventi”.
Così come, ha sottolineato l’esponente della Cgil “occorre accelerare e dare gambe a misure come i Patti e le Zes, quest’ultimo uno strumento nuovo per il Paese su cui la Sicilia sconta ritardi anche rispetto alle altre Regioni”.
Per la Cgil siciliana serve un “disegno strategico” della Regione in materia di sviluppo delle aree interne, che dia il segno di una regia finalizzata a mettere a regime gli interventi comunitari e statali, a integrarli, a individuare le responsabilità in modo che progettazione e spesa non subiscano intoppi di nessun genere: lo chiede la Cgil Sicilia al nuovo governo regionale. . “L’iniziativa punta a colmare il divario con le città – ha detto nella relazione d’apertura Ferruccio Donato del dipartimento territorio della Cgil Sicilia- contrastando spopolamento e degrado. Si mira dunque a incidere su ambiti importanti come l’istruzione, la sanità, la mobilità, l’assetto del territorio, le telecomunicazioni. Alla Snai si aggiunge la legge nazionale del 2017 sui piccoli comuni che definisce una buona cornice di interventi per il contrasto allo spopolamento”. Oltre alla perdita demografica ( nei monti Sicani si è avuta tra il 2001 e il 2011 un calo della popolazione del 9% e al dicembre 2016 di un ulteriore 3,53%, mentre nelle Madonie dal 2011 al 2016 la popolazione è diminuita di 3.380 unità: come se fosse scomparso il Comune di Petralia Soprana) nelle aree in questione si registra un marcato invecchiamento della popolazione col 26% di ultra- sessantacinquenni. “Su interventi certo importanti- ha detto il segretario generale della Cgil Sicilia, Michele Pagliaro- si scontano oggi ritardi, come del resto per le Zes e i Patti per la Sicilia e per le città metropolitane. Strumenti tutti di accelerazione della spesa che vanno messi a regime tempestivamente ed è qui che la Regione può giocare un ruolo importante”.
L’area individuata come prototipo, quella delle Madonie, ha visto l’approvazione della strategia nel 2017 ma da oltre un anno si attende la sottoscrizione dell’Apq (accordo di programma quadro). “Un tempo troppo lungo”, ha commentato Pagliaro sollecitando al governo regionale di “accelerare la sottoscrizione dell’Apq e dell’investimento territoriale integrato, per passare alla fase dell’attuazione”. Le altre aree sono ancora più indietro. “L’esperienza delle Madonie- ha sostenuto Donato- può fare da battistrada per dare soluzione immediata alle eventuali criticità”. Per la strategia delle Madonie lo Stato è intervenuto per i servizi fondamentali (scuola, sanità e mobilità) con 3,740 milioni, la regione con 33,4 milioni e i privati con 1.962 milioni. Si aggiungono i fondi per i piccoli comuni, sui quali, per quanto limitati (160 milioni per 7 anni su scala nazionale) “ si può fare valere- osserva la Cgil- lo stesso effetto moltiplicatore avuto per le Snai”.
“E’ un momento buono per i piccoli comuni- ha rilevato Donato- ma la Regione deve avere un ruolo da protagonista, governando i processi e integrando le norme per consentire a tutti i piccoli comuni di usufruire delle previsioni della legge del 2017 mettendo anche a disposizione risorse con la riprogrammazione dei fondi comunitari”.Al governo regionale e ai comuni la Cgil dà la propria disponibilità al confronto con l’obiettivo della riuscita della strategia per i piccoli comuni, con proposte che riguardano i temi della sanità, della scuola, della mobilità, della salvaguardia del territorio e del contrasto al dissesto idrogeologico.
Il convegno della Cgil, ha visto, oltre che gli interventi dei sindacalisti dei vari settori, anche quelli di rappresentanti delle amministrazioni locali delle aree interne, del coordinatore del comitato tecnico per le aree interne della Presidenza del Consiglio dei ministri, Filippo Tantillo, dell’assessore regionale alla salute Ruggero Razza.
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