“Manfredi Borsellino è uno squilibrato, lo è sempre stato, lo era pure quando era piccolo”, ”Lucia Borsellino è cretina precisa”. Sono le parole del giudice Silvana Saguto, rivolte ai figli di Paolo Borsellino, indagata nell’inchiesta nissena sulla gestione dei beni sequestrati alla mafia, intercettate nell’ambito dell’indagine e pubblicate dal quotidiano La Repubblica:
Il giorno dell’anniversario della strage di via d’Amelio, Silvana Saguto era infastidita perché aveva aspettato due ore sotto il sole l’arrivo delle barche della legalità al porticciolo di Ficarazzi, piccolo centro alle porte di Palermo. Ed era un fiume in piena contro la famiglia Borsellino. Tutte le sue parole sono rimaste impresse nelle intercettazioni fatte dai finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Palermo.
Il magistrato parla il 19 luglio scorso, giorno dell’anniversario della strage di via D’Amelio a Palermo in cui furono uccisi il procuratore aggiunto Paolo Borsellino e cinque agenti della polizia di Stato, dopo la manifestazione le vele della legalità di cui è stata madrina. Al telefono con un’amica, riferendosi alle parole dette da Manfredi Borsellino, figlio di Paolo, davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dice: ”Poi Manfredi Borsellino che si commuove, ma perché mi…a ti commuovi a 43 anni per un padre che è morto 23 anni fa? Che figura fai?. Ma che… dov’è uno.. le palle ci vogliono. Parlava di sua sorella e si commuoveva, ma vaff….o”.
“Io e mia sorella Lucia siamo senza parole”. Lo dice Manfredi Borsellino, dirigente del commissariato di polizia di Cefalù, alle intercettazioni che riportano le frasi del giudice Silvana Saguto sui figli di Paolo Borsellino, il magistrato ucciso dalla mafia il 19 luglio ’92 insieme a cinque agenti della polizia di Stato che lo scortavano. “Non vogliamo commentare – aggiunge Manfredi – espressioni che andrebbero catalogate alla voce cattiveria. Solo parlandone, rischiamo perciò di attribuire importanza a chi quelle parole ha proferito”.
Per il resto, ecco come continua l’articolo de La Repubblica:
Ma la preoccupazione principale della Saguto era continuare a essere un giudice antimafia. Soprattutto, nei giorni in cui era al centro delle polemiche per la gestione dei beni sequestrati. Uno dei suoi pupilli, il professore dell’università Kore di Enna Carmelo Provenzano alzò l’ingegno. “Voglio fare qualcosa di impatto – le disse al telefono, e anche questo dialogo è stato intercettato – un incontro con i giovani che vogliono preservare gli eroi del contrasto alla criminalità, quindi voglio fare una giornata su di te”. Idea perfetta, per tentare di contrastare il servizio sulle “Iene” andato in onda due giorni prima. “Un convegno con un sacco di giovani”.
Provenzano meditava di mettere su un grande palcoscenico antimafia. La Saguto sembrava più tranquilla. Pensò di passare una giornata al mare con l’amica Francesca Cannizzo, il prefetto di Palermo. Ma, si sa, a Palermo il vero problema è il traffico, soprattutto per raggiungere il mare nel week-end. Lo ribadiva anche il prefetto: “È l’inferno”. La Saguto rassicurò: “Ce ne possiamo fregare dell’infermo se vieni con me, abbiamo la mia macchina, c’è la preferenziale”.
Erano davvero grandi amiche la giudice e il prefetto. Qualche giorno prima, la Saguto aveva chiesto alla Cannizzo di raccomandare il brillante professore Provenzano per un altro incarico, al Cara di Mineo.
Un altro particolare lo rivela poi Live Sicilia. Le microspie piazzate nell’ufficio dell’ex presidente delle Misure di prevenzione e non solo hanno registrato diverse conversazioni in cui si parla di denaro. I finanzieri cercano i riscontri che sostengano la tesi dei versamenti in contanti in favore del padre del magistrato:
“La situazione finanziaria della famiglia Saguto è alquanto critica – annotano i finanzieri – con conti correnti bancari in passivo e continue spese, soprattutto da parte dei figli, che sembrano non trovare adeguata copertura con gli introiti dei genitori. Per fare fronte a tale situazione, la Saguto, in più occasioni, si sarebbe rivolta a Cappellano Seminara per chiedere denaro (cripticamente indicato come ‘documenti’)”. Non è un caso, infatti, che il magistrato e il padre Vittorio Pietro siano indagati per autoriciclaggio.
Polemiche, accuse e ombre: la gestione dei beni confiscati alla mafia è un caso nel quale è coinvolta la giudice Silvana Saguto finita sotto inchiesta per corruzione, induzione e abuso d’ufficio. E con lei sono indagati. oltre ad altri tre colleghi dell’ufficio, anche l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, titolare di uno studio a cui è affidata la gestione di diverse aziende confiscate, e il marito del giudice, l’ingegnere Lorenzo Caramma, che in passato avrebbe avuto rapporti di consulenza con il legale (ma quando la moglie non era ancora presidente della sezione confische).
Nel registro degli indagati sono finiti altri tre magistrati. L’ex componente del Csm Tommaso Virga, oggi presidente di sezione del tribunale di Palermo e componente della commissione che dovrebbe riformare l’organo di autogoverno: è indagato per induzione alla concussione. Il sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia Dario Scaletta, protagonista di indagini importanti sui tesori dei boss, è indagato per rivelazione di notizie riservate. Il giudice Lorenzo Chiaramonte, che lavora nello stesso ufficio della Saguto, è indagato per abuso d‘ufficio.
L’inchiesta è scaturita da denunce su un giro di affidamenti dei beni a pochi professionisti che ne avrebbero ricavato «parcelle d’oro».Il primo a farle fu, nel gennaio 2014, il prefetto Giuseppe Caruso, a quel tempo direttore dell’Agenzia dei beni confiscati, che gestisce un patrimonio di circa 30 miliardi di euro con beni distribuiti in tutta Italia: solo il 43 per cento di questo immenso patrimonio si trova in Sicilia in gran parte concentrato in provincia di Palermo.
La dimensione degli interessi in gioco avevano esposto il giudice Saguto al rischio di rappresaglie. Nei mesi scorsi era stato infatti intercettato un piano per uccidere lei e il procuratore di Agrigento, Renato Di Natale. A Silvana Saguto era stata così rafforzata la scorta e assegnata una nuova auto blindata. Ma secondo i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Palermo c’è stato anche un «impiego della scorta per fini non istituzionali». Gli uomini a bordo della blindata Bmw serie 5 andavano in giro per la città a soddisfare le richieste della Saguto, dall’acquisto del doposole alle medicazioni per il figlio. Anche questo «particolare» è finito nel fascicolo nisseno.