Svimez: in Sicilia persi 47mila posti negli ultimi tre anni

Una regione poco industrializzata, dove rischia di sparire il limitato tessuto esistente, dove sono andati persi negli ultimi quattro anni oltre 47 mila posti di lavoro e dove solo una giovane donna su 5 è occupata regolarmente. Mentre in Sicilia e nel Sud per rilanciare la crescita occorrono politiche industriali selettive, a sostegno di internazionalizzazione e innovazione, interventi per il rilancio delle città e del territorio; politiche infrastrutturali, logistiche e energetiche.
È quanto afferma il Direttore della SVIMEZ Riccardo Padovani nella sua relazione al seminario “Rapporto SVIMEZ 2012 e Sicilia: Uno sguardo oltre la crisi. Condizioni e sfide per rilanciare lo sviluppo” promosso dalla SVIMEZ, che si è tenuto oggi a Palermo a Palazzo Steri dell’ambito delle Giornate dell’Economia del Mezzogiorno, organizzate dalla Fondazione Curella e dal Di.s.te Consulting, con il supporto di Banca Popolare Sant’Angelo e Intesa San Paolo
I numeri della crisi nel Mezzogiorno e in Sicilia – Negli ultimi cinque anni, dal 2007 al 2011, in base a stime SVIMEZ il Mezzogiorno ha perso oltre 6 punti percentuali di Pil, rispetto ai 4 del Centro-Nord. Più contenuta la perdita in Sicilia (-3,2%), ma solo per una tenuta di alcuni comparti produttivi; forte il calo nel manifatturiero e nelle costruzioni.
Guardando solo all’ultimo anno disponibile, nel 2011 il Pil siciliano ha segnato una flessione del -0,2%, a fronte di un dato positivo sia a livello nazionale (+0,4%) che meridionale (+0,1%).
I settori al Sud e in regione – Nei primi tre anni della crisi, dal 2008 al 2011, nel Mezzogiorno si è registrata una perdita del valore aggiunto del 19% nel manifatturiero e del 25% nelle costruzioni. Nello stesso periodo, la Sicilia ha accusato una contrazione forte ma relativamente più contenuta nel manifatturiero (-15%), crollando però del 27% nelle costruzioni. In controtendenza in Regione il comparto dell’estrazione dei minerali (+11% a fronte di una media Mezzogiorno del -9,8%). Giù anche l’agricoltura (-5%), in linea con la media meridionale, e i servizi (-1,4%).
Tra i vari comparti del settore industriale sono da segnalare in Sicilia la tenuta del tessile e calzaturiero (-22%), della carta (+14%), del legno (+10%) e dell’energia (+13%), e la forte crisi di settori strategici come la chimica, la meccanica e i mezzi di trasporto.
Sempre nel periodo in questione, se nel Mezzogiorno l’industria in senso stretto ha perso nel complesso il 13% del valore aggiunto, la Sicilia ha registrato una perdita forte (-7,7%), ma più contenuta della media Mezzogiorno.
Esportazioni e investimenti – Bene invece in Regione le esportazioni, che registrano segni ampiamente positivi negli ultimi due anni, fino a segnare nei primi sei mesi del 2012 +21%, una crescita tre volte superiore alla media del Mezzogiorno. In questo senso va segnalato il forte peso dei prodotti energetici, senza i quali nello stesso periodo la crescita dell’export siciliano è stata dello 0,5%.
Giù gli investimenti: negli ultimi dieci anni, dal 2001 al 2011, il Sud ha registrato una contrazione tre volte superiore a quella del Centro-Nord. Gli investimenti nell’industria in senso stretto sono scesi del 33%, contro l’11% del Centro-Nord. Ancora più grave la situazione nelle costruzioni (-44% rispetto a -15% nel Centro-Nord).
Occupazione, giovani e donne – Negli ultimi quattro anni, dal 2007 al 2011, su una perdita totale in Italia di 437mila posti di lavoro, 47.314 sono stati i posti di lavoro persi in Sicilia. A fronte del 6,2% degli occupati in Regione sul totale nazionale, le perdite registrate sono state superiori al 10%.
In un contesto già difficile, la vera e propria spina nel fianco è data dall’occupazione giovanile e femminile: il tasso di occupazione degli under 35 è sceso in Regione dal 32% del 2008 al 29,7% del 2011. In altri termini, in Sicilia è occupato regolarmente solo un giovane su tre. Ancora più drammatica la situazione delle donne: nel 2011 solo una su cinque è stata regolarmente occupata (20,5%), a fronte del 47% del Centro-Nord.
Interessante la dinamica settoriale. In Sicilia tiene l’occupazione nell’agricoltura (+5,4% dal 2008 al 2011), mentre a pagare il prezzo più alto è l’industria in senso stretto (-9%) e nelle costruzioni (-25%), dieci punti percentuali in più della media meridionale (-14%).
La Sicilia insomma è e rimane una regione ancora poco industrializzata: nel 2011 su un totale nazionale di 4,6 milioni di occupati nel settore, solo 133mila, pari al 2,8% del totale, sono stati rilevati sull’isola.
Rischi e opportunità per l’industria – Segnali di recupero insufficienti, rischio scomparsa settori industriali, desertificazione industriale. Secondo la SVIMEZ è e resta l’industria l’architrave del sistema meridionale; se questa cede, rischia di far crollare l’intera economia. Il rischio, secondo il Direttore Riccardo Padovani, è che “in assenza del rilancio di una politica di sviluppo che sostenga la ripresa della domanda privata e pubblica, i processi di recupero siano eccessivamente lunghi”. Anche perché troppo piccola è in Sicilia “la quota di imprese esportatrici in grado di compensare la debolezza della domanda interna con una crescita dell’export; troppo forte è la dipendenza dagli appalti della Pubblica Amministrazione che, senza risorse, ha bloccato nuovi appalti e, ancor peggio, ritarda i pagamenti dei beni e servizi acquistati”.
L’area vasta catanese – L’insieme dei comuni sud–etnei, l’area metropolitana di Catania e i centri di Acireale e di Paternò, uniti al porto di Augusta, sono stati individuati dalla SVIMEZ come un’area ricca di potenzialità per il traffico merci e passeggeri e la crescita di filiere produttive di eccellenza nell’elettronica, telecomunicazioni, farmaceutica, agroalimentare. Potenzialità nello sviluppo turistico e nel commercio e lavorazione del pesce anche nel territorio sud occidentale (Agrigento, Mazara, Egadi). Da valorizzare nella logistica, turismo e trasporti l’area nord orientale che gravita su Messina. Termini Imerese potrebbe invece proporsi come nuovo polo dell’automotive elettrico.
Le proposte – “Occorrono quindi, conclude il Direttore Padovani, politiche industriali attive immediate, per attivare processi di internazionalizzazione e innovazione, rilanciando l’industria manifatturiera, ma anche favorendo la penetrazione in settori “nuovi” con forte potenziale di crescita: infrastrutture e logistica nell’ottica mediterranea, energie rinnovabili, riqualificazione urbana, reti digitali, ambiente, filiere agro-alimentari di qualità, servizi avanzati e imprese sociali, una moderna industria culturale non solo turistica”.
Interessanti in questo senso in Sicilia le potenzialità che provengono dalle rinnovabili, essendo già oggi l’isola la seconda regione del Mezzogiorno e la terza in Italia per la produzione di energia verde (9,5% sul totale nazionale, dopo Toscana, 22%, e Puglia, 14%). Più in particolare, in termini di potenza prodotta, la Sicilia è leader tra le regioni del Sud per la produzione di energia eolica (24%).