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Tutelare il vino siciliano e italiano in Usa e Cina. Le proposte dell’UIV

“Negli Usa  parecchie aziende producono  Marsala, e questo va a screditare le nostre aziende che tanto investono in qualità, sicurezza, e promozione. Il Ttip è un accordo-chiave, e noi vogliamo che le nostre denominazioni vi vengano tutelate da ogni danno d’immagine». Lo ha detto Domenico Zonin, presidente dell’Uiv al confronto promosso dall’Unione Italiana del vino su “Il futuro del vino italiano, dagli Stati Uniti alla Cina” nell’ambito del negoziato sull’Accordo di partenariato transatlantico su commercio e investimenti (Ttip).

Un forte interscambio Ue-Usa, ma anche due modi diversi di pensare il vino. Se per i consumatori nordamericani Chianti, Marsala, Porto e Champagne sono diverse tipologie di vino, invece in Europa, e in Italia in particolare, ogni vino rappresenta un territorio, una storia.
«Abbiamo approcci diversi sulle denominazioni e non siamo forti in geografia – ha detto Katherine Hadda, consigliere Affari economici dell’ambasciata Usa in Italia – e per noi Chianti e Marsala sono tipi di vino; nessuno conosce i luoghi di provenienza. Del resto, siamo molto orgogliosi di essere un Paese di immigrati: negli Usa sono 17 milioni gli italo americani. Tanti, e molti di loro fanno vino da 20-30 anni; peraltro fino al 2006 erano autorizzati a fare vino tipo Chianti, Porto o Champagne e non c’è un monitoraggio su quante siano queste produzioni made in Usa». Tuttavia, ha replicato il presidente del Consorzio Chianti, Giovanni Busi, «noi siamo più che certificati, nella vigna, in cantina e nel mercato. E noi spieghiamo il territorio che sta dietro e dentro una bottiglia, affrontando una burocrazia per che per noi è un costo che ci toglie competitività».

La prossima tappa del negoziato formale riprende tra due mesi, a febbraio a Bruxelles.

Nel 2013, secondo dati dell’ambasciata Usa in Italia, gli Stati Uniti hanno importato dall’Unione Europea vini per 3,6 miliardi di euro, di cui 1,2 miliardi bottiglie made in Italy.

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