Via libera, si può trivellare nel mare davanti Gela. Lo ha deciso il Tar del Lazio rigettando il ricorso contro il progetto “Off shore Ibleo” dell’Eni.
Si tratta del completamento di sei pozzi di estrazioni di gas nei campi Argo e Cassiopea e le perforazioni chiamate Centauro 1 e Gemini 1. I pozzi insistono nello spicchio di Canale di Sicilia tra Licata, Gela e Ragusa. I ricorsi contro le perforazioni erano stati presentati da cinque associazioni ambientaliste, dall’Anci, dai Comuni di Ragusa, Santa Croce Camerina, Palma di Montechiaro, Licata, Scicli e Vittoria, ma anche Legacoop Pesca Sicilia e Touring Club Italia.
Il procedimento amministrativo era stato avviato contro la presidenza del Consiglio dei Ministri, i ministeri dell’Ambiente, Beni Culturali e Svilupo Economico, e contro il Comune di Gela, unica città non contraria ai progetti Eni perchè partecipa al protocollo siglato a novembre al Ministero dello Sviluppo Economico. Il protocollo prevede l’interruzione da parte dell’Eni della raffinazione del petrolio a Gela, concentradosi sul metano.
L’investimento previsto è di 2,2 milioni di euro. Serviranno per “riconvertire” Gela. Di questa somma ben 1,8 milioni l’Eni li impegnerà proprio alle perforazioni nel Canale di Sicilia.
Tra tutti il progetto principale, ed oggetto del ricorso al Tar, è quello della piattaforma “Prezioso K”, che dovrà sorgere al largo di Gela. Vista la decisione del Tar l’Eni può cominciare già da questo mese i lavori che prevedono anche l’area a terra per la connessione con la rete di distribuzione.
I Comuni e gli altri enti che hanno presentato ricorso avevano chiesto l’incompetenza territoriale del Tar del Lazio, visto che le trivellazioni si svolgeranno in Sicilia. Per i ricorrenti però il punto centrale è l’impatto ambientale. La paura è quella che le perforazioni possano danneggiare l’intero ecosistema e la biodiversità marina di quello specchio di mare. I Comuni e le associazioni ambientaliste hanno fatto appello al cosiddetto principio di precauzione, riconosciuto a livello comunitario. Inoltre le perforazioni Eni sarebbero avvenute in zone Sic Zps e aree protette.
Tutti elementi respinti dai giudici del Lazio. I provvedimenti rilasciati dal ministero sono regolari e, secondo gli studi effettuati, i progetti non provocherebbero danni all’habitat, sia in terra che in mare. Inoltre per il Tar il ministero ha rispettato tutte le procedure previste per autorizzare l’Eni alle perforazioni.
La decisione ovviamente non è piaciuta alle associazioni ambientaliste e ha avuto un risvolto politico.
“Il contestato protocollo tra Crocetta e l’Eni del 6 novembre scorso, grazie anche al famigerato art. 38 dello Sblocca Italia di Renzi, comincia a produrre tutti i suoi effetti negativi” ha commentato il presidente della commissione Ambiente all’Ars, il deputato del Movimento 5 Stelle Giampiero Trizzino.
“Crocetta, che ricordiamo durante la campagna elettorale siglò l’impegno con Greenpeace a non trivellare, – aggiunge Trizzino – apra gli occhi e faccia immediatamente marcia indietro, perché in questo modo consegna la Sicilia alla devastazione del mare e delle coste”. “E’ inconcepibile che al 2015 si debba ancora parlare di estrazione di fonti fossili – continuano Angela Foti e Valentina Palmeri – quando il mercato energetico fornisce ormai alternative ecosostenibili riconosciute a livello mondiale, capaci di garantire anche il mantenimento dei livelli occupazionali”.