Lo chiamano il costruttore antimafia e gli attribuiscono anche un miracolo: avere chiuso con un anno di anticipo un cantiere da 11 chilometri sulla famigerata Salerno-Reggio Calabria. Ma Domenico, Mimmo, Costanzo, 51 anni, laurea in Economia e commercio e specializzazione alla Bocconi, presidente e fondatore del gruppo Cogip, colosso delle costruzioni con 1.200 dipendenti e 300 milioni di fatturato, va fiero soprattutto della sua ultima avventura. Nel 2013 ha lanciato GreenWave, progetto d’ investimento in agricoltura teso a valorizzare il territorio coniugando eccellenze del settore e tecnologie digitali. La prima applicazione concreta è avvenuta nell’azienda vinicola Palmento Santo Spirito, 13 ettari di vigneto in contrada Santo Spirito, sul versante nord dell’Etna, a 50 chilometri da Catania. Una serie di terrazze digradanti tra 800 e 600 metri sul livello del mare, dove Costanzo, con il contributo dell’enologo Donato Lanati e del biologo americano Galen Abbott, ha piantato le viti di Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio con piante trentennali, e alcune centenarie, guardate a vista dalla struttura antica del palmento, oggetto di restauro conservativo a partire dal 2011. L’investimento è stato superiore a 2 milioni di euro, finanziati di tasca propria. «Si recupererà nei decenni, non prima», ha commentato l’imprenditore, «ma non importa perché, fare vino è stata una scelta del cuore». Per questo è stata ripresa la coltivazione ad alberello su pali di castagno, tradizionale della zona, in modo da produrre vino biologico di altissima qualità. A caratterizzare Palmento Santo Spirito, oltre al recupero delle tradizioni siciliane nella coltivazione Rispetto del territorio, delle tradizioni, dell’Etna, inserito dall’Unesco, l’anno scorso, tra i beni patrimonio dell’Umanità . E rispetto, ancora maggiore, verso vigneti, operai e consumatori, attenzione alla cura del dettaglio, uso della bioarchitettura. Sono questi i paletti che Costanzo si è imposto quando si è imbarcato nell’avventura di Palmento Santo Spirito. «È necessario partire dal territorio, trasferire al territorio tutti i valori, anche e soprattutto quelli sociali, che possono derivare da attività come queste», ha sottolineato. Quando Costanzo parla di valori sociali, intende anche un certo modo di fare lotta alla mafia giocando sul suo stesso terreno. E comunque, il marketing viene dopo, dice.
Prima vengono la vigna e i 12 dipendenti che la coltivano ettaro per ettaro senza l’aiuto delle macchine e senza utilizzare prodotti contaminanti. Metafora di questa rinascita che riscopre le origini è il Nerello Mascalese, un vino umile, utilizzato finora soltanto per migliorarne il pregiato Barolo e che, a Palmento, acquisisce un suo prestigio. E che presto, ha fatto capire Costanzo, potrebbe anche essere considerato all’altezza del Barolo. dell’uva e perfino nel modo di vendemmiare, c’è un occhio vigile all’innovazione. «Non usiamo sostanze chimiche e utilizziamo nuove tecniche di vinificazione», ha spiegato Costanzo.
Soprattutto non vengono usate pompe nel travaso del vino durante la pigiatura. A regime, saranno prodotte 20 mila bottiglie l’anno con l’etichetta Sei che riprende il codice utilizzato dai vulcanologi per identificare l’Etna. L’idea di Costanzo è «fare un vino artigianale», con una produzione di numeri ridotti a garanzia di un prodotto unico di alta qualità, e nel contempo sperimentare la possibilità di rendere la tenuta autonoma dal punto di vista energetico. Mentre dal punto di vista gestionale, si punta soprattutto sulla rete per la vendita. «Non vogliamo alcuna distribuzione, punteremo soprattutto sull’e-commerce per arrivare direttamente al consumatore», ha spiegato Costanzo. Attualmente sono disponibili circa 10 mila bottiglie di Nero di Sei vendute a 30 euro l’una e 2 mila di rosso Serrato a 15 euro. Tra un anno sarà sul mercato lo spumante rosato, conl’obiettivo di farne 6mila bottiglie di cui non è stato però deciso né il nome né il prezzo e il Bianco di Sei in 2 mila bottiglie, a 20 euro. Ci vorranno invece un paio d’anni prima di poter acquistare il Palmento di Sei, rosso, il primo nato dalla selezione delle migliori uve: ne verranno prodotte 3 mila bottiglie, vendute a un prezzo di 40 euro.
Le prospettive per il futuro sono di incrementare la produzione di 5-10 mila bottiglie, «ma la cosa più importante è mantenere un vino di qualità artigianale». «Vogliamo arrivare a un bilanciamento tra un 50% di commercializzazione in Italia e un 50% di export», ha spiegato ancora Costanzo, «È necessario partire dal territorio, trasferire al territorio tutti i valori, anche e soprattutto quelli sociali, che possono derivare da attività come queste». I numeri della start-up di Costanzo che farà il suo primo fatturato nel 2015 non sono così piccoli: la previsione è di 300 mila euro, vendendo 5 mila bottiglie, anche con il contributo di una vecchia cantina in ristrutturazione pronta a partire in maggio di cui si sta occupando Abbott. «Qui facciamo tutto, dalla produzione alla conservazione, alla vendita e intendiamo vendere tutto quello che produciamo», ha concluso Minimo.
articolo di Franco Canevesio tratto da Panorama