Un appello per difendere l'oro verde di Bronte, il pistacchio a denominazione di origine protetta (Dop) che cresce solo alle pendici dell'Etna. A lanciarlo due giovani imprenditori siciliani che hanno fatto del pistacchio una ghiotta opportunità di business e dichiarano apertamente "We love pistacchio verde di Bronte Dop". Una dichiarazione d'amore per riscoprire la cucina tipica siciliana, alla larga da concorrenti stranieri più economici e di qualità inferiore. Con la loro società, infatti, prendono i clienti per la gola arrivando fino oltre l'oceano: "Puntiamo sul settore luxury – racconta Nino Marino, in questa avventura insieme a Vincenzo Longhitano – vendendo i nostri dolci al pistacchio perfino in Uruguay e in Canada, oltre che in Svizzera, Germania e Austria. Per questi mercati internazionali noi prepariamo le paste di mandorla al pistacchio, le praline, i fichi ripieni, la granella, il pesto per la pasta, il torrone morbido, i torroncini…".
La Dop assicura che i golosi frutti verdi siano coltivati rispettando regole rigide e proprio a Bronte, dove crescono le varietà più aromatiche e ricercate come la Napoletana e la Bianca. "Ad essere certificata – spiega al Mattino di Sicilia il presidente del Consorzio di tutela Biagio Scilirò – sono 1.200 produttori cui fa capo il 70% della produzione. E' l'unico modo per contrastare la globalizzazione". A fine anno si avranno i dati precisi: "Secondo una nostra stima – continua Schilirò – ogni due anni a Bronte si producono 20 mila quintali di pistacchio, per un fatturato medio di 25 milioni di euro: la produzione è ogni due anni, anche se il 5% dei produttori sta cercando di farla diventare annuale. Da un albero secolare si possono ottenere anche 20 chili di frutti che, se sgusciati a mano, possono valere al pubblico anche quattro volte di più".
Una risorsa per tutto il territorio, visto che molte fasi della produzione sono legate al lavoro manuale: per dare l'idea, quasi ogni famiglia di Bronte è impegnata nella raccolta, che si fa esclusivamente a mano. Com'è accaduto l'anno scorso a settembre, tutto il paese si trasferisce nei rustici accanto ai pistacchieti per fare la guardia al raccolto pure di notte (per evitare i furti le forze dell'ordine fanno turni speciali, perlustrano con l'elicottero campagne e sentiri impervi e mettono il pistacchio "sotto scorta"). Niente macchine automatiche neanche nell'asciugatura, quando si toglie il mallo da ogni frutto e si mette ad asciugare al sole delle terrazze. Un lavoro artigianale, perciò, che però comincia a risentire della crisi: "L'anno scorso – racconta Schilirò – ogni chilo veniva pagato ai produttori 13 euro, mentre quest'anno siamo intorno a 9-10 euro".
La prossima settimana a Bronte cominceranno i due weekend della sagra: sono attese 400mila persone: "Il pistacchio – dicono il sindaco Pino Firrarello ed il vice sindaco Melo Salvia – sta sfidando la crisi raddoppiando gli eventi".
A non risentire affatto della congiuntura economica, invece, i due giovani imprenditori che esportano all'estero: "Non la sentiamo assolutamente – spiega Nino – e anzi abbiamo un fatturato di 5 milioni. Raccogliamo ad anni alterni 47mila kg di pistacchio, di cui 7mila di nostra produzione ed il resto da piccoli produttori locali". Nel loro stabilimento di Bronte lavorano 100 collaboratori: "Il 95% – aggiunge Nino – è formato da ragazze, la loro età media è 27 anni. Adesso siamo gia' in clima natalizio: abbiamo cominciato a giugno e finiremo il 10 dicembre. A Natale, infatti, abbiamo il 90% delle vendite".