Caso Silvana Saguto. Le accuse del Csm al magistrato di Palermo finito nell’occhio del ciclone sono contenute in una relazione di sette pagine inviata alla stessa Saguto, ex presidente della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, ai giudici Fabio Licata, Lorenzo Chiaramonte e Tommaso Virga, al sostituto procuratore Fabio Scaletta. “Le signorie loro – scrive in burocratese la nota del Csm – si sono venute trovare in una situazione tale da avere avuto ed avere tuttora effetti in grado di compromettere in tutto o in parte la loro indipendenza e imparzialità nello svolgimento delle rispettive funzioni» e in grado di “minare la credibilità ed il prestigio della magistratura palermitana”. La comunicazione ai magistrati coinvolti nell’inchiesta della Procura di Caltanissetta, apre, di fatto, la procedura che potrebbe portare al trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale. Scrive il Csm: «Dalle note trasmesse dal procuratore di Caltanissetta e dal presidente del tribunale di Palermo emergono fatti relativi ad una complessa anomala gestione del settore Misure di prevenzione, caratterizzata da rapporti preferenziali con soggetti privati che ricevono incarichi di amministrazione giudiziaria, nonché profili di opacità nei rapporti tra i magistrati interessati ». La nota del Csm ripercorre le contestazioni principali già note nei confronti dei magistrati, e fa riferimento ad un’altra circostanza: l’amministratore giudiziario Cappellano Seminara – nominato dalla Saguto – ha dato incarichi non solo al marito di lei, ingegnere, ma anche al figlio Elio, chef. Un rapporto di lavoro che all’inizio era stato smentito dai diretti interessati, ma che invece il Csm ha verificato: un piccolo incarico, da 1200 euro, con la Tourism Project srl. I magistrati, comunque, verranno ascoltati dal Csm. Intanto, gli avvocati Francesco Crescimanno e Roberta Pezzano annunciano di aver rinunciato alla difesa della Saguto, del marito e del figlio, “essendo venuta con gli interessati l’intesa sulla linea difensiva”.
Ma spunta un’altra accusa per Saguto: tre anni di spesa nel supermercato sequestrato, pagando i conti di tanto in tanto. Un sospeso di 18.451 euro, solo in parte saldato, e nei giorni scorsi per di più. Si tratta dei supermercati Sgroi.
Gli atti non facevano parte dell’inchiesta, ma proprio di recente la Guardia di Finanza è andata a sequestrare le carte presso l’amministrazione della struttura commerciale: e questo è successo dopo che il cassiere dell’azienda confiscata aveva chiesto gli arretrati e dopo che il marito della Saguto, l’ingegnere Lorenzo Caramma, aveva risposto con un bonifico da diecimila euro, che copre solo in parte il valore del debito.
È lo stesso giudice a spiegare che la misura Sgroi non è mai stata gestita da lei: a disporre il sequestro era stato il collegio precedente al suo, presieduto da Cesare Vincenti, e anche adesso lei si era astenuta dalla gestione, «proprio perché sono cliente del supermercato».
E nel merito il magistrato indagato chiarisce che, anche per motivi logistici e di tempo, dato che non era lei personalmente ad andare a fare la spesa, i suoi incaricati non pagavano ogni volta. La famiglia così aveva dei conti in sospeso, anche in altri negozi, «che poi — dice la Saguto — venivano però puntualmente pagati. Nel caso di Sgroi potrà esserci stato un ritardo, ma in ogni caso non sono interessata in alcun modo alla misura di prevenzione», riguardante tra l’altro un imprenditore scomparso da alcuni anni. «Lo stesso amministratore giudiziario — precisa il magistrato — non lo ha nominato l’attuale sezione, ma il collegio presieduto dal collega Vincenti».
Il magistrato, intanto, annuncia di volere lasciare Palermo ed aver avanzato istanza di trasferimento “Abbiamo dato fastidio a qualcuno– ha detto – e a Palermo ce la devono far pagare. non so se gli investigatori e i colleghi di Caltanissetta (che indagano su di lei ndr) se ne rendono conto”.